di Alessia Truzzolillo
CATANZARO I soldi non arrivavano solo per aggiustare le sentenze. I soldi arrivavano anche per assegnare le perizie. E per assegnare le perizie il presidente della seconda sezione della Corte d’Assise d’Appello di Catanzaro, Marco Petrini, si affidava ai consigli dell’ex dirigente dell’Asp di Cosenza, Emilio Santoro detto “Mario”, uomo vicino al giudice e legato a politici come l’ex consigliere regionale Giuseppe Tursi Prato. Santoro è la chiave di volta nell’inchiesta Genesi, condotta dalla Dda di Salerno visto che coinvolge un magistrato calabrese. Ma ha un ruolo anche nell’inchiesta “Thomas”, condotta dalla Dda di Catanzaro contro il clan Grande Aracri di Cutro. Oggi Santoro sta parlando con i magistrati di Salerno (qui il nostro servizio) e risponde alla pletora di domande che gli rivolge il procuratore vicario Luca Masini. E tra queste domande ve n’è una che riguarda proprio il conferimento delle perizie.
SOLDI AI PERITI DALLE PARTI In sintesi, racconta Santoro, Petrini «mi chiedeva di indicargli il nome di periti che oltre ad essere bravi fossero disponibili a “ungere”, e cioè a pagargli somme di denaro a titolo corruttivo. A richiesta preciso che il perito si sarebbe dovuto far consegnare somme di denaro a titolo corruttivo dalla parte che avrebbe favorito con la sua perizia, versando una quota parte di questa somma al giudice Petrini».
L’indagato spiega che una perizia viene liquidata dal Tribunale «sì e no cinquemila, settemila, diecimila…». Una cifra irrisoria. Il perito riusciva a prendere soldi «da quello che faceva la perizia, cioè…», dalla parte favorita, «per darglieli a lui».
«Per darglieli al?», chiede Masini.
«Dottor Petrini», risponde Santoro.
«La circostanza si è verificata con il commercialista Claudio Schiavone (anch’egli indagato nel procedimento Genesi, ndr) – è sintetizzato nel verbale di interrogatorio – come io stesso ho potuto constatare personalmente avendo provveduto a versare insieme allo Schiavone la somma di trentamila euro».
Tra le righe di un verbale imbiancato da parecchi omissis si legge che, tra le altre cose, Schiavone ha fatto una perizia all’imprenditore Mazzei di Lamezia Terme al quale erano stati sequestrati i beni. Lo Schiavone aveva fatto una consulenza con la quale attestava che i beni sequestrati avevano una provenienza lecita e giustificata. In seguito, una perizia sempre sullo stesso imprenditore sarebbe stata affidata alla moglie di Schiavone. Santoro specifica che non sa come è terminata la vicenda relativa al procedimento né se al presidente Petrini siano state promesse o consegnate somme a titolo corruttivo. Quello che a Santoro viene raccontato dall’avvocato Francesco Saraco (anch’egli indagato) è che Schiavone è stato nominato consulente di parte nel procedimento che vede coinvolti esponenti della famiglia Arena di Isola Capo Rizzuto, «l’inchiesta relativa al Parco eolico». Ma questa vicenda non vede coinvolti altri magistrati, spiega Santoro.
LE PERIZIE AL COGNATO Quello che il faccendiere nella Corte d’Appello afferma è che era riuscito a far nominare perito suo cognato, il fratello della moglie, in due occasioni nel corso delle quali «ha ricevuto la somma di duemila e cinque e tremila euro ciascuno». (a.truzzolillo@corrierecal.it)
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