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Faida tra le montagne del Lametino, chiuse le indagini e nuove accuse

Quattordici indagati nel procedimento “Reventinum” tra appartenenti alla cosca Scalise e la famiglia Mezzatesta. Una guerra sanguinosa nata per il controllo dei lavori per la strada del Medio Savuto

Pubblicato il: 07/02/2020 – 0:27
Faida tra le montagne del Lametino, chiuse le indagini e nuove accuse

di Alessia Truzzolillo
CATANZARO
La guerra di mafia nel territorio montano del Lametino, compresa nell’inchiesta denominata “Reventinum” prosegue il suo iter giudiziario con la chiusura indagini anche nei confronti degli indagati non sottoposti a restrizioni della libertà. Si tratta delle famiglie dei Mezzatesta e degli degli Scalise contrapposte tra di loro. Una faida che dal 2001 insanguina il territorio del Reventino, il monte che domina sui paesi di Soveria Mannelli, Decollatura, Platania, Serrastretta. Da “Gruppo unico della montagna”, da quando si è tentato di fare fuori Pino Scalise, nel 2001, la guerra non ha avuto tregua, con omicidi, tentati omicidi e agguati reciproci. Ad armare le mani e separare le due famiglie hanno contribuito i “golosi” appalti per la costruzione della strada del Medio Savuto che dai paesi montani dovrebbe portare sulla costa. Una strada di sangue, oltre che ennesima eterna incompiuta. Si chiudono le indagini per Domenico Mezzatesta, Eugenio Tomaino, Cleo Bonacci, Andrea Scalzo, Vincenzo Mario Domanico, Salvatore Domenico Mingoia, Giovanni Mezzatesta classe ’74, Pino Scalise, Luciano Scalise, Andrea Scalzo, Antonio Scalise, Carmela Grande, Bruno Cappellano, Antonio Pulitano. Per determinate accuse (come l’associazione per delinquere) le posizioni di Pino Scalise, Luciano Scalise, Angelo Rotella e Marco Gallo sono state stralciate e seguiranno un separato procedimento. Per loro, infatti, è stato chiesto il rinvio a giudizio. Ma vi sono nuove accuse per le quali sono state chiuse le indagini, come estorsioni e tentate estorsioni che vedono vittime gli imprenditori del territorio montano costretti, per esempio, ad affidare a Luciano Scalise «il controllo completo dei lavori di movimento terra», o consegnare denaro o altri beni, come la merce prodotta, a Pino e Luciano Scalise, Bruno Cappellano, Angelo Rotella, Carmela Grande, Antonio Pulitano. Dapprima le cosche erano sotto l’influenza e il controllo dei clan di ‘ndrangheta lametini Arcieri-Cappello, poi confluiti dal 2003 in poi nella cosca Giampà’; la cosca Iannazzo-Cannizzaro-Daponte di Sambiase, e poi operante in via sempre più autonoma a partire dal 2013 in poi.

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