LAMEZIA TERME «C’è una sorta di bivio drammatico che si pone davanti a chi decide di seguire la strada della musica in Calabria: o sceglie con coraggio di proseguire questa passione andando fuori dalla regione oppure è costretto ad inventarsi qualcos’altro per riuscire a tirare avanti». Una fatalità alla quale il maestro Filippo Arlia, il più giovane e promettente direttore d’orchestra italiano (classe ‘89), sembra non volersi però arrendere. Con un bagaglio di esperienze alle spalle di tutto rispetto – oltre 350 concerti come solista e direttore in più di 20 Paesi al mondo delle principali e prestigiose orchestre del Pianeta – che gli avrebbe potuto permettere di approdare in qualsiasi lido di alto profilo europeo, Arlia ha scelto caparbiamente di rimanere nella sua terra e di gettare le basi per costruire qualcosa di veramente importante per la Calabria. Così nel 2011 fonda l’Orchestra Filarmonica della Calabria di cui è tutt’ora il direttore principale e con essa ha creato dei collegamenti internazionali con alcuni dei musicisti più importanti viventi: da Sergej Krylov a Yuri Shishkin, passando per Michel Camilo, Sergei Nakariakov, Ilya Grubert, Giovanni Sollima e, non ultimo Danilo Rea. Una sorta di sinapsi che consente alla “sua” creatura di intrattenere rapporti stabili con le principali realtà concertistiche europee e non solo.
Arlia non si arrende, poliedrico com’è nella sua natura – una laurea in giurisprudenza nel cassetto e tanta tanta voglia di fare musica – combatte la sua battaglia per affermare il ruolo della musica nella cultura italiana e calabrese. All’attivo anche la promozione di “Duettango” una delle formazioni cameristiche italiane più famose al mondo impegnate a far conoscere ed interpretare la letteratura musicale del genio argentino Astor Piazzolla. Grazie a questa intuizione, nel 2015 ha esordito nella “Weill Recital Hall” (Carnegie Hall) di New York a cui il pubblico della Grande Mela ha tributato una standing ovation.
E poi c’è la sua enorme voglia di trasmettere la passione musicale che passa attraverso l’Istituto musicale “P. I. Tchaikovsky” di Nocera Terinese di cui è direttore e professore di cattedra sia per pianoforte sia per direzione d’orchestra. Già, la direzione d’orchestra, cioè il principale veicolo per interagire dal vivo con il grande pubblico e trasferire in questo modo emozioni vere. Ed è qui che il “genio” di Arlia si esplica in modo esponenziale avendo calcato più volte diversi tra i più celebri palcoscenici del mondo. Un vero e proprio ciclone che non si arresta. I suoi prossimi appuntamenti lo porteranno il 22 febbraio al Teatro Politeama di Catanzaro dove dirigerà “Sinfonia n. 9 di Beethoven” con la Filarmonica della Calabria per poi recarsi prima il 14 marzo a Roma per il Galà dell’alta fedeltà dove presenterà il disco “Non Solo Tango” e poi il 3 maggio 2020 Filarmonica di Berlino , Orchestra Berliner Symphoniker – P. Mascagni Cavalleria Rusticana. Ma rimane la Calabria e il suo destino culturale il centro dei pensieri di Arlia.
Maestro quali sono le principali difficoltà di chi intende proporre musica classica in Calabria?
«Guardi mi consenta il parallelismo, ma è decisamente pertinente ed esplica meglio il concetto: la musica classica in Calabria sta come il suo vino. Produciamo ottimi vini ed abbiamo tradizioni enologiche millenarie, eppure le nostre produzioni non hanno sufficiente appeal per sfondare sul mercato. Ebbene così avviene nella musica classica. La nostra regione ha dato i natali a compositori di fama riconosciuti in tutto il mondo come Alfonso Rendano, Stanislao Giacomantonio, Francesco Cilea, Emilio Capizzano ed Alessandro Longo – giusto per fare qualche esempio -, eppure non ha ancora un’orchestra regionale. È un unicum in Italia. Siamo ultimi anche rispetto alle altre regioni del Mezzogiorno. Nonostante esprimiamo giovani talenti che vengono apprezzati dappertutto e che si formano qui. Voglio ricordare che ci sono quattro conservatori in Calabria e cinquemila studenti che lavorano sodo per far parte di orchestre, lavorare con il proprio talento e vedersi così riconosciuto il loro impegno».
Ed invece?
«Invece succede che per la stragrande maggioranza di loro l’unico sbocco resti quello dell’insegnamento nelle scuole pubbliche. Magari anche in questo caso, lontano dalla Calabria visto che mancano cattedre per diversi strumenti musicali. Una strada che se vogliamo possiamo definire un “ripiego”, dato che lo sbocco naturale per chi studia musica classica resta l’attività concertistica come solista o di diventare memebro di un’orchestra. Una strada che in Calabria è di fatto sbarrata. Guardi è come se uno studente di medicina si preparasse a lavorare in una terra senza ospedali, senza strutture sanitarie. Così facendo l’unica strada rimane quella di fare le valigie ed andare via».
Ci sono responsabilità per questa situazione che vive la Calabria?
«Sì, sono diverse. Ma voglio partire con un’autocritica. Non c’è stata e continua a non esserci da parte dei musicisti calabresi una battaglia ben strutturata per pretendere che vengano messi in condizioni di rimanere nella nostra regione a fare musica. Se non parte da noi questa richiesta, difficilmente si può far comprendere questa esigenza alla classe dirigente calabrese. E poi c’è senza dubbio una spesa pubblica indirizzata a diffondere la cultura musicale irrilevante e spesso indirizzata a finanziare eventi storicizzati. Appuntamenti decisamente importanti ma che non possono assorbire quasi completamente le poche risorse destinate alla cultura musicale. Occorrerebbe affiancare altri canali di finanziamento per offrire maggiori spazi culturali».
Cioè?
«C’è la necessità di creare Fondazioni a partecipazione regionale e prevedere leggi regionali a sostegno della divulgazione della musica classica. Questo permetterebbe di creare le condizioni per assumere musicisti e offrire loro una prospettiva futura di vita nella regione. Ci sono profili di altissimo pregio penso ad esempio a chi ha studiato oboe e che è dovuto andare via perché la Calabria non offre nulla per loro. Ma ci sono giovani talenti in varie discipline musicali che sono riconosciuti tra i migliori del mondo e che hanno dovuto fare le valigie per realizzare il loro sogno. È la storia “maledetta” dei calabresi. Certo si dirà è una condizione che caratterizza anche altre professioni. Ma non scommettere sulla musica classica e in generale sulla cultura in Calabria è un vero delitto».
Ma perché? La Calabria cosa ci guadagnerebbe?
«Il vero senso della musica classica è nelle emozioni che riesce a trasmettere. Tutto questo ha un’enorme ricaduta sociale. Consideri che un giovane che ama questo genere e va a comprare un disco ad esempio di Ludwig van Beethoven difficilmente delinque. Quel popolo che ama la musica da sempre è un popolo che rispetta le regole del vivere civile. Spontaneamente, senza costrizioni».
Come è possibile colmare questo divario culturale tra la Calabria e il resto del Paese?
«Credo che sia fondamentale portare la musica classica in ogni casa. Farla conoscere ad ognuno. E non riguarda solo la Calabria, ma l’intero Paese. Mentre in altre parti d’Europa questo aspetto viene curato e fa parte della memoria collettiva, in Italia questa cultura non c’è o meglio si è persa. Per fare un esempio limpido di confronto, penso alla Germania. Lì sono nati musicisti di valore assoluto e si studiano costantemente nelle scuole e vengono valorizzati in ogni occasione. Nel nostro Paese ciò non avviene. Ecco penso si debba lavorare tanto in questa direzione. Occorrerebbe lavorare tanto nelle scuole a partire da quelle primarie. Cioè quelle in cui può nascere una nuova sensibilità culturale. Sono quelle che possono offrire maggiori possibilità per far passare questo messaggio».
Ma lei ha un sogno nel cassetto per la Calabria?
«Certamente: un’orchestra regionale stabile. Consentirebbe ai giovani musicisti calabresi di valore – che mi creda sono veramente tantissimi – di contribuire alla crescita socio-culturale di questa nostra terra. Ogni qualvolta qualcuno di loro va via dalla Calabria, in parte è l’intera regione che perde un pezzo della sua identità e con essa la prospettiva di avere un futuro diverso. Certamente migliore». (r.desanto@corrierecal.it)
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