di Alessia Truzzillo
CATANZARO E’ stato chiuso in un magazzino che subito dopo è stato dato alle fiamme. All’interno c’erano Marco Patitucci e altri due soggetti. Patitucci, 34 anni, si trovava a Monza Brianza. E’ finito in prognosi riservata, intubato fino a poche ore fa. E’ tra i destinatari della misura cautelare che emessa dal gip di Catanzaro nei confronti di 45 persone appartenenti alla cosca Presta operante nella Valle dell’Esaro, nel Cosentino, fondata dal boss Franco Presta, attualmente all’ergastolo. Un episodio sul quale gli inquirenti stanno cercando fare luce quello accaduto a Patitucci al quale vengono contestati diversi episodi di cessione di sostanza stupefacente ma, allo stesso tempo, ad aprile 2017, vi è un tentativo di estorsione da parte di Roberto Presta e Mauro Marsico i quali cercano di farsi consegnare l’automobile della madre di Patitucci per pagare un debito del 34enne legato all’acquisto di sostanze stupefacenti. Una cosca che agiva senza troppi scrupoli, quella Presta, e che operava «uno strettissimo controllo del territorio», come ha sottolineato anche Francesco Messina, capo della Direzione centrale anticrimine (Dac).
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GRATTERI: «CONTROLLAVANO LA VALLE DELL’ESARO» «Al vertice del sodalizio che aveva come base il comune di Roggiano Gravina – spiega il capo della Mobile di Cosenza Fabio Catalano – c’erano i fratelli Antonio e Roberto Presta, cugini del boss Franco. L’attività che il clan monopolizzava era, prevalentemente, il traffico di droga. Cocaina soprattutto ma anche marijuana e hashish». Gli agenti, in collaborazione con il Dac e la Squadra Mobile di Catanzaro, non si sono fermati allo spaccio dello stupefacente, le indagini sono arrivate anche all’approvvigionamento da parte di grossisti del Reggino. «La famiglia Presta ha controllato per anni il traffico di droga nella Valle dell’Esaro, ovvero un quarto dell’intera provincia di Cosenza – ha detto il procuratore capo della Dda di Catanzaro Nicola Gratteri – abbiamo sequestrato beni per due milioni di euro». Un lavoro massiccio riuscito grazie anche «all’aumento della pianta organica nelle Squadre Mobili». Il pensiero del procuratore va alla «continua e costante attenzione» che, non solo le attività di indagine, ma anche «l’attenzione alla sicurezza della mia persona», ricevono da parte del ministero dell’Interno e dal capo della Polizia Franco Gabrielli. Non solo, lo stesso Francesco Messina ha affermato: «La Direzione anticrimine è schierata dalla sua parte procuratore».
AGGUERRITI «Si parla di un contesto di ‘ndrangheta agguerrito – dice il procuratore aggiunto Vincenzo Capomolla – di una cosca ben radicata sul territorio e con una forte capacità di riorganizzazione. Per l’approvvigionamento avevano forti riferimenti a Platì e nella Piana di Gioia Tauro». Una cosca capace di vere e proprie spedizioni punitive contro chi accumulava debiti. Erano i Presta a imporre i pusher e a gestire la bacinella comune nella quale venivano raccolti i proventi delle attività illecite.
DROGA NEGLI SPOGLIATOI La droga arrivava ovunque, anche all’interno della squadra di calcio del Roggiano Gravina, allenatore compreso. Qui militava Roberto Presta, figlio di Antonio, uno dei reggenti del clan. Le attività di indagine, tutte attività tecniche fatte di intercettazioni, pedinamenti e captazioni ambientali, hanno permesso di fare luce sul granitico controllo del territorio da parte della cosca della Valle dell’Esaro. (a.truzzolillo@corrierecal.it)
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