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Uccise il cognato, condannato a risarcire 470 mila euro alla famiglia della vittima

Il Tribunale di Reggio Calabria ha condannato Giuseppe Antonio Schepisi al risarcimento di 470 mila euro totali a favore dei congiunti di suo cognato Vincenzo Calarco, che 10 anni fa uccise a colpi…

Pubblicato il: 11/02/2020 – 19:42
Uccise il cognato, condannato a risarcire 470 mila euro alla famiglia della vittima

di Fabio Papalia
REGGIO CALABRIA Quattrocentosettantamila euro per il danno morale causato dall’omicidio del loro congiunto. Il Tribunale di Reggio Calabria, seconda sezione civile, in composizione monocratica, con sentenza di primo grado del giudice Emanuela Tagliamonte oggi ha condannato Giuseppe Antonio Schepisi al risarcimento di 470 mila euro totali a favore dei congiunti di suo cognato Vincenzo Calarco, che 10 anni fa uccise a colpi di pistola.
L’OMICIDIO L’omicidio avvenne il 26 novembre 2010, un venerdì mattina. Incensurato, rappresentante di bevande, il 35enne Schepisi si costituì ai Carabinieri della Compagnia cittadina, consegnando anche la pistola, un revolver cal. 357 magnum, riferendo di avere appena freddato suo cognato nell’abitazione di quest’ultimo, un appartamento in via Ferruccio 146. Il corpo di Vincenzo Calarco, 37enne finanziere in congedo, giaceva sul letto matrimoniale, colpito mortalmente da 4 proiettili andati a segno nella regione toracico-addominale. Mai del tutto chiariti i motivi del delitto, secondo l’omicida riconducibili a dissidi familiari e a recenti litigi.
IL RACCONTO DELL’OMICIDA Lo stesso Schepisi il giorno dell’arresto riferì ai carabinieri e al pm Tripodi di essere stato vittima nella casa del comune amico di uno scherzo di cattivo gusto, che avrebbe offeso l’onore di sua moglie, orchestrato dal cognato. Ne sarebbe derivata un’accesa discussione tra i due cognati, con il Calarco che avrebbe minacciato di morte Schepisi mostrandogli 3 proiettili. Sempre secondo il racconto dell’uomo, quella stessa notte Schepisi sarebbe stato costretto dal cognato a fare un lungo giro in automobile, fino a Rosarno. Dopo una breve sosta in autogrill, i due si sarebbero fermati di nuovo poco dopo avendo notato un’auto in panne sulla carreggiata. L’omicida riferì ancora di essere stato vittima di un’aggressione da parte di uno degli uomini in strada, il quale avrebbe cercato di sottrarre dal vano portaoggetti dell’auto l’incasso che Schepisi custodiva. Si mise alla guida e fuggì, lasciando il cognato appiedato. Arrivato a Pizzo chiese soccorso alla Polstrada ma quando la pattuglia arrivò sul posto indicato non trovò più nessuno, Calarco fu rintracciato solo più tardi ma riferì che non era accaduto nulla se non di essere stato abbandonato dal cognato sull’autostrada. Quella notte Schepisi tornò a casa, Calarco invece chiese alla sua compagna di raggiungerlo a Rosarno e fu accompagnato in città dopo l’alba. Quello stesso giorno Schepisi raccontò di essersi procurato le chiavi di casa di Calarco sottraendole di nascosto dalla borsa di sua sorella. Vi si recò armato e, ancora a suo dire, dopo una colluttazione uccise il cognato. Un delitto che gli è valsa nel marzo 2012 la condanna in primo grado, col rito abbreviato, a 14 anni e 2 mesi di reclusione, e la conferma a novembre dello stesso anno in Corte d’Assise d’Appello e nel 2014 sentenza della Corte di Cassazione, divenuta irrevocabile.
 LA SENTENZA Accogliendo la domanda della famiglia di Calarco, difesa dall’avvocato Salvatore Postorino, il giudice ha condannato Schepisi al pagamento di 470 mila euro alla famiglia della vittima, a titolo di risarcimento danni per la perdita del loro congiunto così suddivisi: 145mila euro ciascuno a favore del padre Giuseppe Calarco e della madre Assunta Pintus, 90mila euro ciascuno al fratello Pietro Calarco e alla sorella Annamaria Calarco. (redazione@corrierecal.it)

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