ROMA Massimiliano Crea, uno degli eredi di una famiglia in odore di ‘ndrangheta in Calabria, vendeva frutta e cocaina a Primavalle. E, secondo i giudici romani, spacciava per favorire una famiglia mafiosa. Ieri l’uomo è stato condannato a nove anni di reclusione. Lo riporta il Messaggero. Assieme a Crea, 48 anni, il collegio della II sezione penale di Roma presieduto da Giuseppe Mezzofiore e giudice a Latere Valerio de Gioia, ha condannato anche Valter Mancini, romano, e Mirko Bava, calabrese di Soverato, rispettivamente a 3 anni e 8 mesi e 2 anni e 3 mesi. Bava – riporta sempre il Messaggero – si sarebbe occupato di acquisire dritte sull’indagine in corso sulla famiglia Crea da un soprintendente della polizia di Stato, già processato e condannato col rito abbreviato. Un agente infedele che aveva rivelato le indagini in corso.
L’inchiesta, coordinata dal pm Francesco Minisci, aveva portato alla decaputazione della famiglia Crea e dei suoi traffici di droga tra Primavalle e Montespaccato. Le attenzioni su quel quadrante della città erano scaturite dopo l’omicidio del calabrese della Locride Vincenzo Femia freddato con nove colpi nel gennaio 2013. All’inchiesta aveva contribuito Gianni Cretarola, altro calabrese trapiantato a Roma che si era pentito.
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