di Roberto De Santo
AMANTEA Il consiglio comunale di Amantea è stato sciolto per infiltrazioni mafiose. La decisione è stata adottata dal Consiglio dei ministri su proposta del ministro dell’Interno Luciana Lamorgese. Un atto dovuto dopo la relazione della commissione d’accesso – che aveva concluso i lavori a metà ottobre – e la successiva valutazione da parte del prefetto di Cosenza che aveva recapitato le sue conclusioni a fine novembre sul tavolo del Viminale. Passaggi obbligati che avevano comunque portato ad accertare «condizionamenti da parte delle locali organizzazioni criminali» sulla vita amministrativa del Comune di Amantea.
Da qui la delibera emessa dall’esecutivo Conte che ha posto fine definitivamente all’esperienza amministrativa del Comune tirrenico. Una conclusione di quella esperienza che però era già nell’aria, ma soprattutto era stata già anticipata dalle dimissioni nelle scorse settimane del sindaco Mario Pizzino. Un passo indietro del primo cittadino motivato ufficialmente dallo stesso Pizzino per le forti fibrillazioni interne alla sua maggioranza – ricordiamo le dimissioni di alcuni esponenti di spicco della coalizione che aveva vinto le elezioni nel giugno del 2017 – e dalle difficoltà a portare avanti la macchina amministrativa comunale alle prese con un dissesto finanziario non ancora rientrato e l’impossibilità conseguente di incrementare la pianta organica comunale ridimensionata dal blocco del turn over imposto appunto dal meccanismo del dissesto finanziario dell’Ente.
Ora l’onta del commissariamento per infiltrazioni mafiose che riporta indietro le lancette del tempo al 2008 quando il Consiglio comunale amanteano fu sciolto con le stesse motivazioni.
In quell’occasione però quel provvedimento poi fu revocato dal Tar rimettendo in sella l’allora giunta guidata da Franco Tonnara.
Una vita complicata quella dell’amministrazione comunale appena sciolta e costellata da alcuni episodi che potrebbero aver influito appunto sulla decisione adottata dal Consiglio dei Ministri, che attende comunque ora la ratifica da parte del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Ad iniziare dalla vicenda della presunta pressione – vicenda poi per la verità rientrata per la ritrattazione dei protagonisti – per ottenere voti a favore di un esponente della maggioranza comunale in cui era rimasto coinvolto l’ex sindaco di Amantea e già consigliere regionale Franco La Rupa – condannato definitivamente per aver intessuto rapporti con alcuni clan dello Jonio cosentino e ancora sotto inchiesta per ulteriori vicende – che aveva comportato l’arresto, poi annullato, di un assessore comunale nonché dello stesso La Rupa.
C’è inoltre la circostanza che l’ex consigliere regionale sarebbe il deus ex machina della lista Azzurra risultata poi vincitrice della competizione elettorale di tre anni addietro. La Rupa ha inoltre ricevuto nell’ottobre del 2018 un provvedimento di sequestro dei beni ai fini della confisca emesso dal Tribunale di Catanzaro su proposta della Distrettuale antimafia. Tutti aspetti non secondari nella valutazione adottata dal Consiglio dei ministri.
A pesare sulla decisione di sciogliere il consiglio comunale amanteano ci potrebbe essere anche l’operazione condotta nel 2018 dalla Procura di Paola che ha interessato alcuni amministratori comunali su presunte irregolarità nella gestione di qualche servizio comunale: come la mensa e i parcheggi. Così come non irrilevante potrebbe essere stata la vicenda di un’associazione che gestisce il centro diurno per minori in difficoltà a cui il Comune non aveva revocato l’autorizzazione a svolgere i propri servizi nonostante la stessa fosse stata colpita da un’interdittiva antimafia. Un caso tra l’altro finito anche in un’interrogazione ad opera della deputazione pentastellata calabrese che per ben due volte sollevò la vicenda all’attenzione del Parlamento.
Dopo la decisione del Consiglio dei ministri, ora si attende ad Amantea l’arrivo della commissione straordinaria che guiderà l’ente almeno per i prossimi 18 mesi. (r.desanto@corrierecal.it)
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