REGGIO CALABRIA «Io sono stato arrestato per un progetto che è stato voluto da più persone. È dimostrato dal fatto che ogni giorno ricevevo visite, e non so se venivano registrato. C’erano carabinieri, poliziotti. E alla fine mi hanno detto: “Ora le accuseremo per tutte le stragi d’Italia, da qui non uscirà più”. E poi ho ricevuto l’ordinanza di custodia cautelare di Roma». Lo ha detto il boss mafioso Giuseppe Graviano, deponendo in videoconferenza al processo sulla ‘ndrangheta stragista a Reggio Calabria.
«BERLUSCONI HA TRADITO DELL’UTRI» Graviano ha continuato ad esternare su Silvio Berlusconi: «Silvio Berlusconi ha tradito anche Marcello Dell’Utri», ha detto. «Le leggi che ha fatto Berlusconi – spiega ancora Graviano – hanno danneggiato anche Dell’Utri, che è stato condannato». E ribadisce: «Le leggi approvate da Berlusconi hanno danneggiato anche Dell’utri e tutti i detenuti al 41 bis».
«IL CAV. DOVEVA MANTENERE I PATTI CON MIO NONNO» Nell’aprile 2016 il boss mafioso Giuseppe Graviano si era rivolto al codetenuto Umberto Adinolfi, che stava per essere scarcerato, per chiedergli di «fare arrivare un messaggio a Silvio Berlusconi» che «doveva mantenere gli impegni presi» e per «ricordargli che sono ancora vivo, a differenza di mio cugino Salvo che nel frattempo è morto. E i patti vanno rispettati. Doveva rispettare un accordo che riguardava alcuni investimenti fatti con mio nonno». Nella conversazione si sente Graviano che dice ad Adinolfi che «bisogna trovare la strada per fare trovare un messaggio per qualcuno che non ha rispettato i patti». E oggi ribadisce che quel «qualcuno» sarebbe proprio l’ex premier Silvio Berlusconi. «Mio nonno agli inizi degli anni Sessanta aveva consegnato venti miliardi a un gruppo imprenditoriale del Nord e si era stabilita la percentuale del 20 per cento da allora in poi». Ma Berlusconi non aveva rispettato i patti – dice rispondendo al Procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo – E io chiesi ad Adinolfi se mi poteva fare la gentilezza di ricordare che ancora sono vivo e si doveva togliere i debiti che aveva, andavano rispettati gli impegni presi con mio nonno». Adinolfi fa capire, come risulta dalle intercettazioni, di avere «un buon gancio».
«NON HO FATTO LE STRAGI» «Non ho fatto le stragi, sono innocente. Ho una dignità, una serietà, non dico bugie». Questa la posizione di Graviano riguardo alle accuse sulle stragi. Il boss ribadisce al pm Giuseppe Lombardo di essere pronto a parlare anche di «altri argomenti, quando mi interrogherete in nuove occasioni». Già nella scorsa udienza aveva detto di sapere delle circostanze sull’agenda rossa sparita di Paolo Borsellino ma anche sull’omicidio del poliziotto Antonino Agostino. Riguardo alla strage di via D’Amelio, il boss si dice pronto a portare «altra documentazione, porterò a tante malefatte che ancora sono nascoste». E parlando al Procuratore aggiunto di Reggio Calabria Giuseppe Lombardo dice: «Io non ho fiducia nei suoi colleghi che hanno fatto i processi». Graviano ha rivelato che starebbe per pubblicare un libro sulla sua vita. Ad
annunciarlo è lo stesso boss nel corso della videoconferenza nel processo sulla ‘ndrangheta stragista a Reggio Calabria. «Io penso che sia pronto, forse anche più di un libro», dice. E il pm Lombardo gli legge una intercettazione in carcere del 2018 quando il figlio Michele gli dice che la casa editrice sarebbe pronta a pubblicare il libro «ma con uno pseudonimo». E il boss avrebbe detto “Madre Natura”, cioè il soprannome con cui lo hanno definito i pentiti di mafia. «Pure gli agenti in carcere mi chiamano con questo nome – dice lui – Io non lo sapevo. Ma poi che c’è di male? A Brusca lo chiamano il “porco” e almeno a me mi chiamano “Madre Natura”».
IL FIGLIO CONCEPITO AL 41BIS «Non racconterò mai a nessuno come ho concepito mio figlio mentre ero al carcere duro, perché sono cose intime mie. Dico solo che non ho fatto niente di illecito, ci sono riuscito ringraziando anche Dio e sono rimasto soddisfatto. Non ho chiesto alcuna autorizzazione, ma ho approfittato della distrazione degli agenti del Gom…», ha detto ancora Graviano. Di più non vuole aggiungere il capomafia di Brancaccio. Dice e non dice. Ma ci sono le intercettazioni a raccontare quanto sarebbe accaduto nel 1996. «Io tremavo, lei era nascosta ni robi (tra la biancheria, ndr). E dormivamo nella cella assieme, cose da pazzi. Tremavo, tremavo», questo aveva raccontato al compagno di cella, non sapendo di essere intercettato in carcere dai magistrati del processo “Trattativa Stato-mafia”. Un figlio concepito mentre era al 41 bis, cioè al carcere duro. «Vedi che fare il figlio nel carcere, questo per me è stato un miracolo», aveva detto ancora come hanno registrato le cimici in carcere. All’epoca, il boss e il fratello Filippo Graviano erano detenuti all’Ucciardone, per partecipare ad alcuni processi. Ci furonocomplicità eccellenti? Non si è mai saputo. Oggi Graviano si limita a parlare di «distrazioni del Gom». E ci tiene a sottolineare che «i politici non c’entrano niente…».
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