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Le audizioni dopo veleni e inchieste. Perché il Csm verrà a Catanzaro

Il Consiglio superiore della magistratura ascolterà il presidente del Tribunale Introcaso, il procuratore Gratteri, il prefetto Ferrandino, il capo della Procura di Vibo Falvo. La sicurezza dei mag…

Pubblicato il: 14/02/2020 – 19:40
Le audizioni dopo veleni e inchieste. Perché il Csm verrà a Catanzaro

di Alessia Truzzolillo
CATANZARO
Testare l’ambiente, procedere ad una ricognizione complessiva delle condizioni ambientali all’interno degli Uffici giudiziari di Catanzaro. Cercare di capire, nel dettaglio e sul posto, i particolari di una vicenda che ha portato al trasferimento d’ufficio dell’ex procuratore generale di Catanzaro, Otello Lupacchini, oggi sostituto procuratore generale a Torino. Una decisione presa dalla sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura il 27 gennaio e resa esecutiva in tempi celerissimi: il 31 gennaio successivo Lupacchini si è insediato nel capoluogo piemontese. Alla base del trasferimento l’incompatibilità tra il procuratore generale e l’Ufficio di Procura guidato da Nicola Gratteri. Per scandagliare meglio lo stato delle cose, la prima commissione del Csm (detta anche commissione per le incompatibilità) lunedì 17 e martedì 18 febbraio nel palazzo di giustizia, sede della Corte d’Appello di Catanzaro, ascolterà, da quanto è dato apprendere, il presidente della Corte d’Appello, Domenico Introcaso, il procuratore Nicola Gratteri, il prefetto di Catanzaro Francesca Ferrandino e il procuratore di Vibo Valentia Camillo Falvo, in qualità di pubblico ministero che ha condotto, ab origine, le indagini del procedimento “Rinascita-Scott” che lo scorso 19 dicembre hanno portato a 334 misure cautelari contro le locali di ‘ndrangheta del Vibonese. Un’indagine che vede indagati capi mafia e affiliati ma anche avvocati, alti rappresentati dell’arma e politici. Un’indagine che mette in risalto la capacità delle cosche, con al vertice il clan Mancuso, di insinuarsi nell’apparato politico-amministrativo della cosa pubblica.
I magistrati di Catanzaro – sottolinea una nota del Csm – sono impegnati in rilevanti indagini e processi nei confronti della criminalità organizzata e nei mesi scorsi la prima commissione aveva aperto una procedura per incompatibilità nei confronti del procuratore generale di Catanzaro Otello Lupacchini.
LE DICHIARAZIONI SULL’INCHIESTA All’indomani dell’operazione “Rinascita-Scott”, il procuratore generale, intervistato dal TgCom24 aveva reso dichiarazioni considerate denigratorie riguardo al procuratore Gratteri e ai suoi magistrati. «Tutte queste operazioni – ha affermato Lupacchini – segnano il fallimento della prevenzione e di fatto sono la celebrazione dell’insuccesso di attività preventive a cui la magistratura deve mettere una toppa», è stata una delle dichiarazioni alla quale è seguita “l’accusa” di non essere stato avvisato dell’operazione, la quale è stata anticipata di 24 a causa di una fuga di notizie che aveva indotto alcuni degli indagati a darsi alla fuga. Lo stesso boss Luigi Mancuso è stato tratto in arresto mentre si trovava su un treno. «Sebbene possa sembrare paradossale, non so nulla di più di quanto pubblicato dalla stampa, in quanto c’è la buona abitudine da parte della Procura distrettuale di Catanzaro di saltare di tutte le regole di coordinamento e collegamento con la Procura generale. Non siamo stati assolutamente portati a conoscenza prima della vicenda, ma non ci interessava saperne nulla. Non ne siamo stati portati a conoscenza dopo. I nomi degli arrestati e le ragioni degli arresti, in una sintesi estrema, li abbiamo conosciuti soltanto a seguito della pubblicazione della stampa, che è molto più importante della Procura generale da contattare ed informare». Parole che avevano scatenato la reazione dell’Associazione nazionale magistrati e di varie correnti della magistratura che hanno giudicato «allarmanti» le dichiarazioni del procuratore generale.
QUESTIONE SICUREZZA L’incontro con il Prefetto Francesca Ferrandino lascia presupporre che anche altre questioni verranno vagliate dalla prima commissione del Csm. Al centro vi è l’attività del Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica, presieduto dal Prefetto, che ha anche il compito di garantire la sicurezza dei magistrati. Si è appreso di recente che il 14 gennaio scorso il Comitato si è riunito in quanto gli elementi di un’indagine riservatissima hanno messo in luce una grave minaccia per l’incolumità del procuratore capo di Catanzaro Nicola Gratteri. Davanti ai vertici delle forze dell’ordine e della magistratura si è discusso di quella che un alto graduato delle forze dell’ordine considera una minaccia «concreta» all’incolumità del procuratore capo di Catanzaro Nicola Gratteri. Ci sarebbe un patto tra clan per ordire un attentato contro il magistrato. Alcuni boss di una famiglia mafiosa avrebbero chiesto un favore a una ‘ndrina alleata e, secondo quanto emerge, si sarebbero messi alla ricerca di armi da guerra per portare a termine il piano contro Gratteri e la sua scorta. In poche ore sono state destinate al procuratore auto corazzatissime, vetri blindati per il suo ufficio di Procura, ridotti all’indispensabile gli spostamenti e gli incontri pubblici.
Una vita blindatissima, quella di Gratteri, che vive, dal maggio 2016, la quasi totalità delle proprie ore lavorative all’ultimo piano del Palazzo della Corte d’Appello, sede della Procura.
L’AVVOCATO DI LUPACCHINI: «VIGE IL SEGRETO» Appresa la notizia dell’arrivo della prima commissione del Csm a Catanzaro per ascoltare i capi degli uffici giudiziari in riferimento alla procedura per incompatibilità nei confronti del procuratore generale di Catanzaro Otello Lupacchini, l’avvocato di quest’ultimo, Ivano Iai, con una nota è intervenuto definendo «indebito e lesivo dei diritti e dell’immagine» di Lupacchini il riferimento fatto dal Csm. Iai fa notare che sulla procedura «vige il segreto» e che la Commissione aveva «l’obbligo di sospenderla in pendenza del procedimento disciplinare». «Occorrerebbe maggiore rispetto nei confronti del magistrato Lupacchini» sostiene ancora l’avvocato, facendo notare che si tratta «di una vicenda coperta da segreto per espressa deliberazione assunta dall’Organo di autogoverno» e che «sia la procedura in Prima Commissione, sia quella disciplinare, sia quella cautelare sono secretate e tuttora pendenti, quest’ultima davanti alle Sezioni Unite civili della Corte di cassazione, a seguito di ricorso depositato in data 11 febbraio 2020». (redazione@corrierecal.it)

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