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Infanticidio per incassare i soldi dell'assicurazione, quattro condanne

La Corte d’Assise del tribunale di Cosenza ha condannato le quattro persone accusate di aver provocato la morte di un feto simulando un incidente stradale per incassare i soldi della polizza assicu…

Pubblicato il: 17/02/2020 – 19:58
Infanticidio per incassare i soldi dell'assicurazione, quattro condanne

COSENZA Per i giudici della Corte d’Assise del tribunale di Cosenza sono colpevoli. Colpevoli di un reato che il codice penale rubrica come omicidio volontario con l’aggravante della premeditazione, ma che nel corso dell’indagine “Medical Marlet” balzò alla cronaca per la sua recrudescenza. Un aborto provocato per truffare l’assicurazione, con la compiacenza della madre che portava in grembo il feto e anche di alcuni operatori sanitari. Per questo sono stati processati e condannati: il medico del pronto soccorso Sergio Garasto a cui la corte ha inflitto 25 anni di reclusione, Stefania Russo, all’epoca dei fatti incinta del feto del quale poi si sarebbe causata la morte (qui la notizia) condannata a 24 anni di reclusione, Nunziatina Falcone  e Piero Andrea Zangaro condannati entrambi alla pena di 23 anni di reclusione. Nel corso della requisitoria, il pubblico ministero Valentina Draetta, aveva chiesto la pena dell’ergastolo per gli imputati. Secondo quanto accertato nel corso delle indagini condotte dai carabinieri e poi per come emerso nel corso delle udienze celebrate alla presenza del presidente di sezione Paola Lucente con a latere il collega Luigi Branda e i giudici popolari, l’aborto di Stefania Russo è stato causato al sesto mese di gravidanza, simulando un incidente stradale al fine di incassare il risarcimento previsto dalla polizza assicurativa automobilistica. Una vicenda che si inserisce nel quadro più ampio dell’operazione Medical Market coordinata dalla Procura di Castrovillari che coinvolse ben 144 persone (qui la notizia). Nell’ultima udienza, prima che la corte si pronunciasse leggendo il dispositivo, i legali degli imputati avevano chiesto l’assoluzione con formula piena dei loro assistiti, asserendo che alcune perizie mediche sconfessassero la tesi del pm. Per i legali il feto era privo di vita quando Stefania Russo fu visitata, per l’accusa invece  l’aborto è stato indotto meccanicamente e farmacologicamente e che una volta fuoriuscito il nascituro sarebbe stato lasciato morire al fine di portare a termine il disegno criminoso. (mi.pr.)

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