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Processo Gotha, l’avvocato Marra: «A San Luca tentativo di accordo per catturare latitanti»

Per l’imputato, il maresciallo Fichera tentò un approccio con don Pino Strangio. «Mi chiese di presentarglielo per cercare di prendere “Ciccio Boutique”. E parlò di accordi con magistrati, ma io no…

Pubblicato il: 19/02/2020 – 14:04
Processo Gotha, l’avvocato Marra: «A San Luca tentativo di accordo per catturare latitanti»

di Fabio Papalia
REGGIO CALABRIA «Il maresciallo Fichera voleva riaccreditarsi col Ros, per questo mi chiese di presentargli don Pino Strangio per un tentativo di accordo per la cattura di latitanti. Ho conosciuto appartenenti ai servizi segreti ma io non ne ho mai fatto parte e non sono mai stato un confidente». Queste le parole dell’avvocato Antonio Marra, imputato al processo Gotha, sentito oggi in aula dal pm della Dda Stefano Musolino e dal suo legale di fiducia, l’avvocato Francesco Calabrese. Marra, arrestato nell’ambito dell’operazione “Fata Morgana”, una delle cinque inchieste (insieme a Sistema Reggio, Reghion, Mammasantissima e Alchimia) della Dda di Reggio Calabria poi confluite nel maxi processo Gotha, è accusato di associazione per delinquere di stampo mafioso e intestazione fittizia di beni, è ritenuto uno degli uomini più vicini all’avvocato Paolo Romeo, figura chiave dell’inchiesta.
PROCESSO GOTHA Le accuse sono, a vario titolo, di associazione mafiosa, voto di scambio, violazione della legge Anselmi, corruzione, estorsione, truffa, falso ideologico e rivelazione di segreti d’ufficio. Tra gli imputati figurano politici, esponenti di ‘ndrangheta, imprenditori. In particolare l’accusa ha puntato il dito sui “riservati”, ovvero i componenti a vario titolo della struttura segreta, legata alla massoneria, grazie alla quale la ‘ndrangheta interagiva in maniera riservata con politici, istituzioni, mondo imprenditoriale e bancario, condizionando la vita democratica nella provincia di Reggio Calabria. Tra i nomi più illustri vi sono l’ex senatore Antonio Caridi; l’ex parlamentare Paolo Romeo (che ha già scontato una condanna definitiva per concorso esterno); l’ex sottosegretario alla Regione Calabria nella Giunta Scopelliti di centrodestra Alberto Sarra. A marzo 2018 si è concluso in primo grado il troncone abbreviato, che ha visto in particolare la condanna a 20 anni di carcere per l’avvocato Giorgio De Stefano, secondo l’accusa esponente di vertice dell’omonima cosca, una delle storiche cosche di ‘ndrangheta del capoluogo. La Dda vuole far luce sul cosiddetto livello “invisibile” della ‘ndrangheta reggina, fatta di soggetti cerniera e di manipolazione della vita politica, della massoneria deviata, dell’imprenditoria e della magistratura.
IL TENTATIVO DI ACCORDO Rispondendo prima alle domande del pm e poi del difensore, Marra ha ripercorso alcune delle numerose intercettazioni nelle quali parlava con Paolo Romeo. Riguardo ai rapporti col maresciallo Fichera, Marra ha raccontato che il sottufficiale, quando lavorava al Ros, gli avrebbe chiesto di presentargli Don Pino Strangio, per oltre vent’anni rettore del santuario di Polsi, in Aspromonte nel territorio del Comune di San Luca. Il maresciallo avrebbe chiesto a Don Pino Strangio «se è in condizione di far fare ai Carabinieri del Ros delle operazioni, l’arresto di qualche latitante, affermando che questa cosa l’aveva concordata con i dottori Cisterna e Gratteri, cosa alla quale – ha sottolineato Marra – io non ho mai creduto (i due magistrati, infatti, erano all’oscuro dei tentativi di Fichera, ndr). Don Pino Strangio chiese se fosse possibile trasferire un detenuto del luogo da un carcere all’altro. Il latitante da poter far prendere era Francesco Strangio, alias Ciccio “Boutique”. Si trattava di un tentativo di accordo, ma la cosa cadde nel nulla, nonostante le pressioni di Fichera».
Lo stesso Marra ha ricordato anche un altro episodio, a conferma del fatto che secondo lui i magistrati fossero all’oscuro dell’iniziativa del maresciallo dell’Arma: «Ricordo che difendevo don Pino Strangio in un processo e andammo al Cedir. C’era un libro su Polsi e lui lo volle portare al procuratore Mollace. Con noi c’era Fichera e quando salimmo lui si fermò con Gratteri e noi andammo da Mollace. Fichera disse che Gratteri era a conoscenza di questa situazione, ma io non ci ho mai creduto, Fichera voleva solo riaccreditarsi con il Ros». Lo stesso Marra esclude, dunque, che i magistrati fossero al corrente dei progetti di Fichera. D’altra parte, l’estraneità di Cisterna e Gratteri rispetto alla vicenda era già emersa chiaramente. (redazione@corrierecal.it)

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