COSENZA Al secondo piano di Palazzo dei Bruzi una pila di fogli e tabelle copre la figura del dirigente che sta provando a predisporre un piano di riequilibrio. Senza che il documento passi il vaglio del consiglio, l’amministrazione comunale è ingessata su se stessa. Tra gli addetti l’ottimismo è meno che cauto, intanto i giorni passano e presto o tardi i consiglieri dovranno essere chiamati ad esprimere parere sul documento contabile. Un voto per il quale forse il famigerato appello alla “responsabilità” non basterà considerati gli animi politici interni alla maggioranza, divisi tra chi chiedeva un azzeramento di giunta (come Cosenza Positiva), chi invece sperava di poter conquistare una delega e accomodarsi tra gli scranni ai lati di Occhiuto e chi prova a tessere la tela per tentare l’assalto alla poltrona da presidente del consiglio.
IL DISSESTO E LA POLITICA Se i dirigenti con l’aiuto dei dipendenti sono nel pantano delle carte, al quarto piano le cose non vanno meglio. La maggioranza vuole tenere in vita Occhiuto (almeno per il momento) le motivazioni delle Sezioni Riunite (qui la notizia) sulla dichiarazione di dissesto sono invece il carburante di cui la minoranza aveva bisogno. Nonostante sia stata una riunione flash e ai limiti del numero legale, in commissione bilancio, la minoranza ha cominciato a battagliare, di fatto rivendicando un lavoro di denunce fatto anche negli anni scorsi. Il presidente D’Ippolito ha annunciato che nella prossima settimana sarà il dirigente al bilancio ad entrare nel dettaglio tecnico delle motivazioni ma nel frattempo dall’opposizione si levano gli scudi. Per Bianca Rende: «Quando la Corte parla dell’esistenza di “un complessivo aggravamento della situazione del finanziaria del Comune che versa in una situazione di dissesto occulto non avendo risorse certe necessarie per fronteggiare la massa passiva accumulatasi”, essenzialmente mette il sigillo della sua autorevolezza a quanto da noi sempre sostenuto, ossia che, per quanto la situazione patrimoniale fosse già difficile nel 2011, non solo non si è fatto nulla per migliorarla, ma addirittura si sono “accumulati ulteriori debiti”. Tutti noi sappiamo che questi ulteriori debiti ed il ricorso continuo alle anticipazioni di liquidità non sono stati intrapresi per offrire alla popolazione servizi di qualità degni di una città avanzata ed europea, quanto piuttosto per finanziare spese effimere e clientelari, finalizzate a inseguire un modello di città non rispondente ai bisogni della cittadinanza, ma piuttosto alla volontà di imitare, senza averne la forza, contesti più dinamici e opulenti» conclude la consigliera di Italia Viva. Cauto invece Gisberto Spadafora che ritiene come: «La sentenza si da leggere con attenzione ma che non bisogna lasciarsi abbindolare dalle sirene del populismo. La procura accerterà se c’è dell’altro. Dobbiamo considerare sempre che se il comune fosse andato in dissesto nel 2011 non avremmo salvaguardato servizi essenziali dalle mense ai servizi disabili così come non avremmo garantito un reddito a chi lavorava nelle cooperative. Sono stati fatti dei lavori in città – conclude Spadafora – la città è patrimonializzata e questo è un aspetto che non possiamo completamente oscurate». Per il capogruppo dem, Damiano Covelli, adesso per Occhiuto sarebbe giunto il momento delle dimissioni. «Emergono delle responsabilità evidenti, io mi sarei fatto da parte. L’amministrazione ha speso quando non c’era da spendere, usato fondi vincolati, la nostra famosa “finanza creativa” adesso trova riscontro nelle carte della Corte dei Conti, questa esperienza amministrativa deve finire». (mi.pr.)
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