CATANZARO Nel pubblico impiego si accede solo per concorso. Per questo la Corte costituzionale, con la sentenza numero 36 depositata il 27 febbraio scorso, ha bocciata una norma della Regione Calabria che derogava a questo principio. Si tratta del collegato alla manovra finanziaria approvato il 27 dicembre 2016, censurato dalla Consulta nella parte in cui «stabilendo che, a seguito dello scioglimento delle associazioni di divulgazione agricola, il personale proveniente dalle disciolte associazioni, già in servizio con rapporto di lavoro a tempo indeterminato con la Regione Calabria, rimane collocato nei ruoli della Regione alle medesime condizioni sussistenti al momento del subentro – consente l’accesso ai ruoli della pubblica amministrazione senza concorso». Il caso riguarda A. A. G., dipendente a tempo indeterminato della disciolta associazione di divulgazione agricola “CopagriDap”. La legge stabiliva «il subentro della Regione nel pregresso rapporto di lavoro intrattenuto dal ricorrente».
La disposizione, infatti, «prevedeva che in caso di volontario scioglimento di una o di tutte le associazioni di divulgazione agricola, il personale, in assenza di altre associazioni di divulgazione agricola disponibili a proseguire il rapporto, dovesse rientrare nella competenza gestionale della Regione Calabria». In primo grado, in effetti, il giudice ha considerato «indicativo il fatto che la Regione già contribuisse con un finanziamento alle spese sostenute dall’associazione per i dipendenti, rientrando la divulgazione agricola tra le finalità di competenza regionale».
Una procedura che, secondo la Corte, ha violato il principio del concorso pubblico come unica “strada” per accedere ai ruoli regionali (e della pubblica amministrazione, più in generale).
Nella giurisprudenza della Consulta, infatti, è costante l’affermazione che il pubblico concorso costituisce la forma generale e ordinaria di reclutamento per le amministrazioni pubbliche, quale strumento per assicurare efficienza, buon andamento e imparzialità e che la facoltà del legislatore di introdurre deroghe a tale regola, con la previsione di un diverso meccanismo di selezione per il reclutamento del personale del pubblico impiego, «deve essere delimitata in modo rigoroso alla sola ipotesi in cui esse siano strettamente funzionali al buon andamento dell’amministrazione e sempre che ricorrano peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico idonee a giustificarle».
La disposizione censurata si pone in evidente contrasto con questo principio «perché prevede che il personale proveniente dalle disciolte associazioni di divulgazione agricola “rimane collocato nei ruoli della Regione Calabria alle medesime condizioni sussistenti al momento del subentro”». Per i giudici è chiaro «he la norma censurata prevede un passaggio, automatico e senza concorso pubblico, dei dipendenti delle disciolte associazioni di divulgazione agricola – enti che, come è pacifico nel giudizio a quo, hanno natura privatistica – nei ruoli del personale della Regione».
Quella norma, dunque, è costituzionalmente illegittima. Lo sarebbe stata solo se la deroga al concorso «fosse stata circoscritta dalla previsione di un termine finale o almeno fosse stata seguita a breve distanza di tempo dall’indizione delle “procedure di selezione pubblica”». E invece «così non è, e non è stato, perché nessun termine è previsto nella disposizione censurata e, di fatto, a distanza di oltre tre anni, nessuna procedura concorsuale risulta essere stata espletata o finanche promossa, come ammette la stessa difesa della Regione».
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