di Michele Presta
COSENZA Ha chiesto la condanna a cinque anni di reclusione per gli imputati della morte di Giancarlo Esposito, il pubblico ministero Maria Francesca Cerchiara. Il magistrato titolare dell’inchiesta sul decesso del bambino di 4 anni morto a luglio del 2014 nel “Kinder park” allestito negli spazi della piscina comunale di Campangano a Cosenza, nel corso della sua requisitoria, ha ricostruito tutti i passaggi che hanno portato all’iscrizione nel registro degli indagati di Carmine Manna (legale rappresentante della società), e delle educatrici Franca Manna, Luana Coscarello, Martina Gallo e Ilaria Bove. Anche nell’ultima udienza prima delle discussioni finali e della sentenza prevista per il 18 marzo, la procura di Cosenza ha insistito sulla responsabilità degli imputati, ai quali il pubblico ministero, addebita le colpe circa il tragico evento avvenuto in una delle piscine allestite nel parco dove i bambini trascorrevano la mattinata. Nonostante la perizia super-partes disposta dal giudice di udienza Giovanni Garofalo, parli di una morte per miocardite acuta e non di annegamento, la procura è rimasta impassibile sulla linea portata avanti in questi anni di istruttoria dibattimentale e adesso attende gli esiti del giudizio.
LE DIFESE A concludere le arringhe difensive il 18 marzo sarà Marcello Manna, difensore insieme alla collega Sabrina Rondinelli di Carmine Manna. Ma già nel corso dell’ ultima udienza, i legali, hanno sottoposto all’attenzione del giudice tutti gli aspetti relativi alle posizioni dei loro assistiti. Tanto ha fatto l’avvocato Sabrina Rondinelli che nel sostenere l’innocenza del suo assistito è partita dal primo atto dell’inchiesta: la querela prodotta dal papà di Giancarlo Esposito. L’avvocato ha evidenziato come in quell’occasione il genitore avesse riferito ai carabinieri che qualche mese prima il figlio fosse stato sottoposto a visita cardiologica per dei sospetti problemi cardiaci. «Non credo che un bimbo sano a quella età debba essere sottoposto a questo tipo di controlli – ha detto l’avvocato nella sua arringa -. È un particolare che non possiamo tenere all’oscuro, così come fatto in tutta la fase d’indagine». Per la difesa di Manna, gli inquirenti hanno dato per scontato che il piccolo Giancarlo fosse morto di annegamento, evitando tutti gli altri controlli propedeutici ad accertare altri tipi di morte, come per esempio quella per miocardite acuta. «Forse le responsabilità dovevano essere estese anche ad altre persone – ha poi aggiunto l’avvocato -. Si è preferito concentrarsi esclusivamente su chi in quel momento operava nella struttura. Ma se il piccolo fosse morto mentre era a scuola chi avremmo indagato? Le maestre?». Per l’avvocato Rondinelli, l’accusa alle istruttrici di nuoto e al legale rappresentante della piscina è il frutto di un tipo di indagine concentrata più sul luogo dove è avvenuto il decesso che non sulle cause della morte che a suo parere sarebbero dovute essere maggiormente approfondite da un punto di vista medico. A concludere le arringhe, l’avvocato Concetta Coscarella che ha discusso la posizione delle sue assistite, chiedendo al giudice di riconoscere la totale estraneità delle imputate alla morte del piccolo. (m.presta@corrierecal.it)
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