REGGIO CALABRIA Con l’operazione “Scipione” i carabinieri del Comando Provinciale di Messina (qui la notizia) questa notte hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip presso il Tribunale di Messina su richiesta della Procura Distrettuale di Messina, nei confronti di 19 persone ritenute responsabili – a vario titolo – dei delitti di associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti, detenzione e porto illegale di armi, nonché reati contro il patrimonio. Si tratta, nello specifico, di un’indagine avviata dal Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Messina dopo l’agguato avvenuto a colpi di fucile il 27 settembre del 2016 contro i pregiudicati Angelo Albarino, Stefano Marchese e Stellario Brigandì, mentre si si trovavano seduti ad un tavolino del “Café sur la ville” di viale Regina Margherita a Messina. Gli approfondimenti eseguiti sulle vittime dell’azione di fuoco hanno fatto emergere come i tre fossero inseriti, di fatto, nel contesto del traffico di droga cittadino, consentendo di delineare così i contorni di un’associazione per delinquere dedita ad un florido traffico di sostanze stupefacenti.
LA DROGA DEI CALABRESI Secondo le indagini lo stesso Angelo Albarino, titolare di una paninoteca in via Cesare Battisti, insieme a Giuseppe Selvaggio (poi divenuto collaboratore di giustizia) era il promotore di un più ampio gruppo criminale che si riforniva stabilmente di droga da elementi riconducibili alla cosca di ‘ndrangheta “Morabito-Bruzzaniti-Palamara” di Africo Nuovo (RC), che assicuravano la consegna a domicilio, su base settimanale, di carichi di cocaina e marijuana che venivano poi destinati alle principali piazze di spaccio della città di Messina. I fornitori calabresi, secondo gli investigatori, erano i fratelli Salvatore e Costantino Favasuli e il loro cugino Giovanni Morabito, nipote del capo cosca Giuseppe Morabito, più noto come il “Tiradritto”, esponente di spicco della ‘ndrangheta attiva nel territorio ionico reggino.
IL MODUS OPERANDI Particolare, poi, il modus operandi utilizzato dagli indagati per sottrarsi alle possibili investigazioni, documentato dai Carabinieri nel corso dei servizi di osservazione presso il citato locale: quando i calabresi arrivavano nel locale, entravano senza salutare Albarino, come se non si conoscessero. Quest’ultimo li seguiva all’interno del locale solo alcuni minuti dopo il loro ingresso, una volta accertatosi che non vi fossero servizi di osservazione delle forze dell’ordine. Poi, all’interno del locale, avvenivano le trattative per la fornitura della droga che veniva trasportata ogni settimana dalla Calabria a bordo di autovetture con doppi fondi. Ad occuparsene erano proprio i calabresi i quali, garantendo la consegna a domicilio, pretendevano una maggiorazione sul prezzo di vendita di ogni carico. La distribuzione della droga alla fitta rete di pusher era curata da Albarino e Selvaggio mentre i fornitori calabresi rifornivano anche altri gruppi di spacciatori messinesi facenti capo a Salvatore Santo, deceduto nel 2019 in carcere, e a Alessandro Duce, quest’ultimo in rapporti anche con il gruppo facente capo a Selvaggio e Albarino.
LA DROGA NASCOSTA NELLA SABBIA Nel corso dell’attività investigativa sono state documentate le particolari modalità di occultamento dello stupefacente in Calabria. I due fratelli Favasuli e il cugino Morabito nascondevano lo stupefacente nella sabbia dell’arenile di Africo Nuovo, contrassegnando i punti dove era stato occultato con degli appositi segnali. Nell’aprile del 2017, i carabinieri del Nucleo Investigativo di Messina e della locale Compagnia di Bianco erano riusciti peraltro ad individuare uno dei luoghi di occultamento del gruppo, recuperando 6 kg di marjuana, alcune dosi di cocaina ed un revolver cal. 44 completo di munizionamento, il tutto occultato in apposite buche nella sabbia. Nel maggio del 2017, invece, i Carabinieri della Compagnia di Messina Sud furono costretti ad eseguire un rocambolesco inseguimento per sequestrare un carico di droga che era appena stato ceduto dall’organizzazione criminale indagata. La droga era trasportata a bordo di un’autovettura da Francesco Protopapa e Pasqualino Agostino Ninone, entrambi di Sant’Agata Militello e da un terzo uomo solo in un secondo momento identificato in Sebastiano Bontempo detto il “Uappo”, elemento apicale del gruppo mafioso tortoriciano dei “batanesi”; alla vista dei Carabinieri che volevano procedere a un controllo, i tre speronarono l’auto dei militari e tentarono la fuga a bordo dell’auto; dopo un inseguimento i militari riuscirono a bloccare l’auto in fuga e ad arrestare i due, sequestrando 2,5 kg di marijuana, mentre Bontempo era riuscito a fuggire per le campagne sottraendosi all’arresto.
LE DICHIARAZIONI DI SELVAGGIO Il quadro delineato dalle investigazioni dei Carabinieri ha trovato successive conferme nelle dichiarazioni rese da Giuseppe Minardi che ha confermato il rapporto tra il cugino Angelo Albarino e Giuseppe Selvaggio nell’ambito del traffico di stupefacenti ed i loro rapporti con i fornitori calabresi. Successivamente lo stesso Selvaggio, tratto in arresto nell’ambito di un’altra indagine per il reato di usura, ha deciso di avviare un rapporto di collaborazione con la giustizia ammettendo il proprio coinvolgimento nel traffico di stupefacenti e confermando la collaborazione dei coindagati come appartenenti al gruppo di cui era a capo.Le indagini hanno inoltre fatto emergere come lo stesso collaboratore di giustizia ed i suoi complici fossero anche attivi nel pianificare e progettare il compimento di furti in appartamento, individuando le potenziali vittime facoltose, controllandone gli spostamenti e studiandone le abitudini al fine di commettere i fruttuosi colpi. In particolare, sono stati acquisiti gravi indizi di colpevolezza a carico di uno degli indagati risultato autore, unitamente ad un complice rimasto sconosciuto, di una rapina in abitazione commessa il 9 aprile del 2016 a Torrenova (ME), ai danni di una donna 60enne che, nella circostanza, venne picchiata e legata ad una sedia e derubata di denaro contante e gioielli.
GLI ARRESTATI:
Albarino Angelo, 45enne;
Bonanno Giovanni, 47enne;
Brigandì Stellario, 52enne
Calabrò Fortunato, 42enne;
Chiara Santo, 43enne;
Chierici Rinaldo, 49enne;
Cipriano Roberto, 53enne;
Coco Giuseppe, 43enne;
Duca Alessandro, 42enne;
Favasuli Costantino, 48enne;
Favasuli Salvatore, 46enne;
Fileti Adriano, 50enne;
Marchese Stefano, 43enne;
Milazzo Giampaolo, 49enne;
Morabito Giovanni, 37enne;
Spadaro Francesco, 40enne;
Visalli Maria, 42enne;
Viscuso Marcello, 49enne;
Famulari Orazio, 45enne (arresti domiciliari)
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