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Coronavirus, l'appello dell'Usb Cosenza: «Serve protezione per i sanitari»

L’organizzazione sindacale denuncia: «Ad oggi le farmacie dell’Azienda ospedaliera e dell’Azienda Territoriale non sono in grado di assicurare il materiale indispensabile»

Pubblicato il: 05/03/2020 – 15:07
Coronavirus, l'appello dell'Usb Cosenza: «Serve protezione per i sanitari»

COSENZA Organizzazione «insufficiente» per la «scarsa o addirittura nulla applicazione dei protocolli, in alcune delle strutture sanitarie cosentine, con possibili conseguenze negative per la popolazione e per i lavoratori della sanità». Questo quanto afferma in una nota il personale sanitario Usb Cosenza in merito alle misure per contrastare l’emergenza coronavirus. L’organizzazione sindacale chiede quindi alla Asp di Cosenza e all’Azienda Ospedaliera «di intervenire immediatamente provvedendo all’acquisizione di tutto il materiale necessario ad operare in condizioni di sicurezza e programmando momenti di formazione, dedicati agli operatori sanitari, per ridurre i rischi e attuare al meglio i dispositivi specifici relativi al Covid-19». Nella nota si sottolinea infatti «la necessità di tutelare tutti gli operatori sanitari (medici, infermieri, tecnici e amministrativi) che lavorano a diretto contatto con i cittadini» evidenziando che la «mancanza di dispositivi di protezione individuale aumenta il rischio contagio».
«In Italia le persone affette da Covid-19 sono quotidianamente in aumento. Nella nostra provincia ad oggi – si legge nella nota del personale sanitario Usb Cosenza – si registra un solo caso ma qualora l’epidemia si dovesse diffondere la condizione di estrema fragilità del sistema sanitario calabrese ci porrebbe in una condizione di alto rischio».
L’organizzazione sindacale denuncia poi che «ad oggi le farmacie dell’Azienda ospedaliera e dell’Azienda Territoriale non sono in grado di assicurare il materiale indispensabile per la protezione del personale e interi settori ne sono privi. Ci riferiamo a continuità assistenziale (ex-guardia medica) e ai medici di famiglia che si vedono, per questo motivo, costretti a rifiutare visite domiciliari in casi sospetti. Identica situazione di forte precarietà si vive negli ambulatori e poliambulatori dell’Asp».

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