RENDE La proposta di un nuovo termovalorizzatore nell’area urbana di Cosenza, a Rende, ha sollevato le rimostranze dei residenti. L’associazione ambientalista Crocevia e il comitato tutela salute pubblica Ro.mo.re chiedono al governatore della Regione Calabria di rigettare la proposta di un nuovo inceneritore. «Il Sindaco di Rende Manna, approfittando del suo ruolo di presidente dell’Ato rifiuti provinciale, – scrivono in una nota – pare sia intenzionato a sacrificare il proprio Comune per trasformarlo nell’immondezzaio dell’intera provincia. L’assessore comunale all’Ambiente Ziccarelli (cugino del sindaco), ha lanciato l’idea di un termovalorizzatore/inceneritore da realizzare a Rende, nel cuore dell’area urbana, nonostante il piano regionale su rifiuti non preveda alcun impianto di tale tipo. Quello previsto nel PRGR, con finanziamento regionale progettato della Martino Associati (per un costo di circa 42 milioni di euro), è un ecodistretto per il trattamento e la selezione dei rifiuti differenziati e non, con annesso impianto di compostaggio per il recupero di biogas dalla frazione umida e discarica di servizio». «Dopo più di un anno di riunioni fiume, – ricordano le due associazioni – l’Ato Cosenza non è stata in grado di prendere alcuna decisione sull’ubicazione dell’ecodistretto pubblico e per tale motivo la regione ha nominato il commissario ad-acta Ida Cozza che dovrà esprimersi entro l’estate su una lista di circa 15 siti già individuati nella provincia. Prima di prendere qualsiasi decisione è necessario che la nuova Giunta regionale, presieduta da Jole Santelli, ripristini la legge sulla distanza minima di 2 chilometri degli impianti trattamento rifiuti dai centri abitati che l’ex governatore Oliverio, aveva cancellato poco prima della fine del suo mandato il 10 dicembre 2019.
NO ALL’ECODISTRETTO Rende non è idonea ad ospitare né un ecodistretto pubblico, né un termovalorizzatore, per il semplice motivo che questo territorio ha già dato all’intera collettività, pagandone anche le conseguenze in termini dei gravi danni ambientali e sanitari. In questo territorio con meno di 36.000 abitanti, da anni le persone convivono con un inquinamento soffocante e le percentuali di patologie tumorali riscontrate nel raggio di 3 chilometri dall’area industriale di Rende hanno raggiunto cifre allarmanti».
«Fingendo di non conoscere le criticità ambientali e sanitarie del territorio che amministrano – denunciano Crocevia e Romore – i nostri governatori vogliono trasformare Rende in una sorta di buco nero dove conferire di tutto. Le principali cause di inidoneità dell’area industriale di Rende riguardano la forte espansione urbanistica che ha portato ad ospitare 30mila persone (tra studenti e lavoratori) nel raggio di due chilometri in un fondovalle umido con forti inversioni termiche che, specie di notte, causano il ristagno dell’aria, dei fumi, delle polveri e dei gas emessi in atmosfera, in più si tratta di una zona dove negli ultimi anni vi è stato un forte incremento di patologie tumorali, senza che l’ASL competente abbia condotto delle indagini epidemiologiche approfondite per individuarne le cause».
IL CARICO AMBIENTALE «L’elevato carico ambientale dell’area nord di Rende – spiegano le associazioni ambientaliste Crocevia e Ro.mo.re – è causato da: bacini di scarti industriali dell’ex Legnochimica di contrada Lecco (mai bonificata ed inserita dall’ISPRA tra i 30 siti d’Italia più inquinati), dove è stata accertata dalle perizie eseguite dalla magistratura la contaminazione del sottosuolo e delle falde acquifere da una miriade di sostanze cancerogene; centrale termoelettrica alimentata a biomasse, con immissione in atmosfera di nanopolveri, ossidi e biossidi di azoto; impianto chimico della SilvaTeam per la produzione di pectina; impianto trattamento rifiuti Calabra Maceri (con annessa bioraffineria), con emissione di odori nauseabondi; ex inceneritore/termovalorizzatore Settimo/Coda di Volpe chiuso a fine anni Novanta in quanto ritenuto pericoloso ed oggetto di ben due procedure di infrazione europee per violazioni in materia ambientale, con all’interno una discarica delle ceneri del termovalorizzatore mai bonificata; depuratore consortile Coda di Volpe – contrada da Lecco oggetto di sequestro giudiziario per lo sversamento nel fiume Crati direflui fognari non trattati».
«Se si vuole dare un segnale forte ai cittadini per la risoluzione del problema dei rifiuti – affermano i residenti riuniti nelle due associazioni – bisogna mettere in atto urgentemente delle politiche efficienti di riduzione, riuso e riciclo, costringendo tutti i sindaci ad adottare iniziative serie di raccolta differenziata spinta porta a porta, avendo come obiettivo, nel breve-medio termine, il raggiungimento di almeno l’85%. Non è un’utopia, in altri comuni d’Italia ci sono riusciti ed addirittura in alcuni di questi stanno iniziando a spegnere i termovalorizzatori, affamati dalla raccolta differenziata spinta. Il 15% di indifferenziato potrebbe essere ulteriormente ridotto così da destinare la quota residuale (priva di percolato), in piccole discariche di ambito realizzate a norma di legge, con criteri di coibentazione molto rigidi».
L’APPELLO A SANTELLI «Per tutti i motivi sopracitati, invitiamo il commissario ad acta Ida Cozza, il neo assessore regionale all’ambiente, colonnello Sergio De Caprio (che tra l’altro è stato anche comandante dei NOE e pertanto conosce bene queste tematiche), ed il presidente della regione Jole Santelli, – dichiarano in una nota Crocevia e Ro.mo.re. – a rigettare l’ipotesi di ubicazione nel comune di Rende dell’ecodistretto per la differenziata, di un eventuale termovalorizzatore/inceneritore o di qualsiasi altro impianto di trattamento/smaltimento. Precisiamo infine che non saremo disposti a barattare l’eventuale bonifica dei siti contaminati di Rende, con la realizzazione o l’ampliamento di impianti potenzialmente inquinanti, quali quelli per il trattamento dei rifiuti perché questi luoghi, una volta bonificati, devono essere destinati ad aree verdi e parchi pubblici. Ricordiamo infine che una recente petizione online, sulla qualità dell’aria proveniente dalla zona industriale di Rende, avvertita in particolare nell’area ricompresa tra Quattromiglia, Arcavacata – Università della Calabria, Settimo, è stata firmata da oltre 4.000 cittadini».
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