LAMEZIA TERME Cetraro (ve lo avevamo raccontato qui) ha sei posti letto di rianimazione, ma uno non funziona. Castrovillari è «ridotto ai minimi termini», visto che ci sono grossi problemi nel reparto di Pneumologia, per «mancanza di medici».
Non ci sono («assolutamente no», dice un medico all’inviato) dispositivi di protezione, mentre ci sono «tre o quattro tamponi». La fotografia della difficile realtà degli ospedali calabresi questa volta arriva da “Presa Diretta”.
E un medico sentito telefonicamente dall’inviato de La7 non nasconde la preoccupazione del momento: «Con questa ondata di calabresi che erano al Nord e che sono scesi adesso la cosa è seria».
Il viaggio prosegue nella provincia di Reggio Calabria, dove gli ospedali di Locri e Polistena dovrebbero fare da filtro nel caso di un’emergenza. A Polistena i posti letto in Rianimazione sono dodici. «Non so quanti ospedali li abbiano – spiega un sanitario – ,il problema è che non c’è il personale: mancano medici e infermieri». La tenda per il pre-triage è stata allestita dalla Protezione civile e poi è stata arredata per renderla funzionale dopo «una difficoltà con la corrente elettrica».
Una delle operatrici, però, spiega: «Non siamo pronti, il paziente non può entrare qua. Un probabile paziente deve andare al triage del Pronto soccorso, ma se fanno il tampone ed è positivo il Pronto soccorso chiuderebbe e l’ospedale sarebbe paralizzato». Lo spauracchio, a Polistena come a Cetraro, sono i calabresi tornati dal Nord: «Ci stanno portando il virus. E anche a loro può capitare di dover venire in questo tipo di assistenza».
Le ambulanze per la Piana di Gioia Tauro sono quattro: Polistena, Gioia Tauro, Palmi e Oppido Mamertina. E non c’è un’ambulanza dedicata all’emergenza.
A Locri, dove l’ospedale copre un’area in cui vivono circa 150mila persone, le condizioni sono quelle già documentate dalle nostre telecamere nei giorni scorsi (qui il servizio). Le carenze strutturali non sono una novità. I medici, qui, non hanno mascherine dotate di filtri e spiegano: «Se dal Nord è arrivata gente infetta, dove la mettiamo? La verità è che qua siamo abbandonati da tutti». La tenda per il pre-triage è chiusa anche per “Piazza Pulita”. «Non siamo legittimati ad aprirla», spiega un medico. Dunque, «oggi, se un paziente ha le caratteristiche per fare il pre-triage, deve andare a Reggio». Nicola Simone, segretario territoriale della Uil, è ancora più chiaro: «Se un paziente entra qui dentro chiudiamo l’ospedale».
«Il principale problema del Pronto soccorso – è un’altra testimonianza raccolta – è che non c’è personale, quantitativamente e qualitativamente. Qua non c’è l’ecografo, che c’è in tutti i Pronto soccorso d’Italia. Nel caso in cui arrivi una persona infetta, saremmo noi stessi poi sottoposti a quarantena con un ulteriore aggravio per il Pronto soccorso perché già stentiamo a coprire i turni. Se andiamo in quarantena possono chiuderlo, il Pronto soccorso. Dobbiamo affidarci alla scaramanzia, ci portiamo il cornino rosso in tasca. Io no, perché sono una persona religiosa. Mi faccio il segno della croce e mi affido a Dio».
L’INVITO DELLA CGIL: «A RISCHIO OPERATORI E CITTADINI» Anche la Cgil chiede un intervento per l’attivazione delle tende pre-triage. «In Calabria le tende pre-triage negli ospedali per soccorrere i contagi non sono ancora tutte operative. Abbiamo avuto un mese di tempo. Così si mettono a rischio interi ospedali, i cittadini e gli operatori». A sostenerlo è il segretario generale della Cgil Calabria, Angelo Sposato, che invita il Presidente Santelli e il Commissario Cotticelli ad agire subito.
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