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«Se fossi Cristo, e non lo sono»

di Maurizio Alfano*

Pubblicato il: 15/03/2020 – 9:12
«Se fossi Cristo, e non lo sono»

Non ce la farei a partecipare a questa emozione collettiva di apporre il tricolore, mie immagini o di Santi dai balconi, mentre le bare vengono ammassate senza alcun rispetto per la morte, con gli impianti di cremazione che bruciano ininterrottamente da giorni.
Non ce la farei, perché quel tricolore mi ricorda che in questo Paese, parte del suo popolo, è clandestino al fisco, evade 120 miliardi di euro ogni anno, infrange un mio comandamento. Il quintuplo dei soldi destinati alla manovra in deficit per salvare delle vite. Di contro, chi evade, ammazza la vita che io ho donato. Ammazza finanche la speranza che andrà tutto bene. Quanti ospedali in più ci sarebbero, posti in terapia intensiva e quant’altro necessario a tutti se si combattesse la pandemia italiana dell’evasione fiscale. Quanti altri miracoli ancora io poteri fare, quante vite ancora potrei salvare. Quanta maggiore dignità ci sarebbe per il personale sanitario e non solo applausi. Medici fino a ieri massacrati di botte nei pronto soccorso, oggi diventano eroi. C’è qualcosa, l’egoismo, l’individualismo che rimuove ogni cosa, anche le peggiori, che assieme alla paura della propria finitudine induce ad essere temporaneamente umani.
Come si possono sbandierare immagini di Santi, quando ogni giorno in questo Paese, la mia carne ed il mio sangue, come la mia passione, per chi di voi cattolico, è oltraggiata nelle offese fatte ai migranti, ai senza tetto pestati a sangue o dati a fuoco per noia. Se fossi Cristo, e non lo sono, mi girerei dall’altra parte, senza indugio alcuno. Quando si farà un minuto di silenzio per i morti, anziché rincorrere l’idea sempre più festaiola di cosa fare dal balcone. Chiudiamolo il balcone, spegniamo la nostra saccenza finora accumulata e guardiamo cosa siamo diventati dentro, nessuno escluso, io per primo. Se fossi Cristo, e non lo sono, forse non vi perdonerei la violenza umana accatastata su quella fisica già subita dai miei fratelli africani, asiatici, ed ora su voi italiani respinti ed additati come loro.
Quando inizieremo a ragionare su quanto sta davvero accadendo. Anni di odio infinito contro i migranti, sui confini chiusi, su questi esseri da respingere perché rubano il lavoro e portano malattie. E poi scopri che, viaggia in prima classe, su un aereo, e non su un barcone di dannati a prescindere la malattia che ti mette in ginocchio, che ti ruba la vita, che ammazza i tuoi cari e tra questi quelli ritenuti effetti collaterali della pandemia che l’indifferenza anche al semplice rispetto di alcune regole ha già ridefinito – anziani con altre patologie. Loro erano, se fossi Cristo, e non lo sono, i miei figli prediletti, che voi avete ucciso nel loro perdono. Ecco perdoniamoci, se ne siamo capaci.
Io so cos’è restare chiusi dentro, il perdono. Conosco la regola del silenzio, la clausura, l’importanza della speranza. Ho vissuto tutto questo in un’abbazia benedettina da comunista impenitente. Se fossi Cristo, e non lo sono, sarei un Cristo comunista poiché, come lui, so quando sia importante il valore delle libertà, in questo momento sempre più compresse e compromesse nell’assurda rassegnazione a cederle senza nulla chiedere.
Andrà tutto bene. Non perché esseri umani, ma perché siamo stati nel tempo trasformati in esseri economici e consumatori di merci. Per questo andrà tutto bene, e quando si tornerà per le strade, abbracciamo un migrante, un senza fissa dimora se ne saremo capaci. Solo in quell’abbraccio e in nessun altro, questa sorta di quarantena ci potrà dare delle risposte, ovvero si tornerà tristemente come io credo, e di corsa, a mentire e tradire. Ah, se abbraccerete uno di loro, abbraccerete ogni volta me, se fossi Cristo, ma non lo sono.

*ricercatore e studioso dei fenomeni migratori

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