di Michele Presta
COSENZA Nel salone d’ingresso di “Casa Nostra” sparuti volontari hanno in mano delle buste con il pranzo da consegnare a domicilio. La fila di uomini e donne in difficoltà si è dileguata, il Coronavirus detta i ritmi anche della solidarietà. Prendersi cura dei più deboli è l’emergenza nell’emergenza. Manca personale, è una cautela con la quale bisogna fare i conti, suore Francescane volontarie di origini messicane cucinano prelibatezze italiane e si caricano sulle spalle l’assenza di persone costrette in casa. Ma il pranzo è l’unico servizio rimasto. «Abbiamo sospeso tutti i servizi, rimane solo la consegna del pranzo a domicilio e speriamo di poter continuare fino a quando possiamo». Nell’ala della curia arcivescovile di Corso Telesio, però, prima dell’arrivo del virus si consentiva non solo di pranzare: i volontari coordinati da Pino Salerno tenevano corsi di italiano per stranieri, consentivano visite mediche, offrivano servizi igienici e spazi di convivialità. «La cosa peggiore è proprio questa – racconta Pino Salerno – non poter consentire alle persone di stare insieme nei nostri spazi. La nostra è una struttura nuova ma non abbiamo così tanto spazio da garantire la sicurezza necessaria. Molte delle persone che si rivolgono a noi sono sole e in difficoltà e ci addolora sapere che non vivranno delle ore di comunità».
“Casa Nostra” è stata voluta dalla Caritas diocesana che fornisce un supporto in termini di assistenza umana ed economica. Oltre a loro, le provvigioni alimentari sono garantite anche dal Banco Alimentare. «Assicuriamo oltre 30 pasti al giorno e andiamo da chi si rivolge a noi – spiega Salerno –. Ci siamo sempre rivolti alle persone che si sono prenotate in modo da sapere per quanti cucinare ed evitare che si sprechi del cibo. Quando ritirano il pranzo solitamente ci danno conferma anche della prenotazione per quello del giorno dopo».
C’è anche la solidarietà dei protocolli. «Chiaramente tutti i locali sono stati ulteriormente igienizzati, noi siamo muniti di guanti e mascherine e ogni volta che consegniamo i pasti manteniamo le distanze». Resta comunque un problema che in città per il momento è contenuto ma che potrebbe scoppiare come un bubbone: le persone senza fissa dimora. In tantissimi usufruivano del servizio doccia messo a disposizione della struttura, con il servizio sospeso da una settimana chi non ha una casa vive anche una crisi sanitaria. «Usciamo anche in notturna, lo facciamo di mercoledì –spiega il responsabile di “Casa Nostra” – per adesso non abbiamo avuto delle problematiche particolari ma bisogna considerare che questo è un problema che potrebbe scoppiare nelle prossime settimane. Ma servirebbe maggiore attenzione per le persone che vivono anche questa difficoltà». (m.presta@corrierecal.it)
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