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«Dedicato ai nostri vecchi»

di Simona Loizzo*

Pubblicato il: 20/03/2020 – 9:33
«Dedicato ai nostri vecchi»

Inevitabilmente l’epidemia di Coronavirus impone a ciascuno di noi delle riflessioni emozionali e affettive prive di filtro.
Il nostro servizio sanitario solidale e assistenzialista ci ha regalato una delle popolazioni più anziane d’Europa con la opportunità di godere della memoria di tradizioni socioculturali antiche e più praticamente dell’aiuto e il sostegno dei nostri genitori nella educazione e crescita dei nostri figli anche in senso economico.
La nostra popolazione anziana ha rappresentato per la mia generazione una fonte di illuminazione decisiva nella costruzione del mondo moderno e ancor più nello scarso adeguarsi alla globalizzazione mondiale e mantenendo la specificità e la caratterizzazione di provenienza geografica, ha rappresentato la generazione vestale dei valori del Sud.
In queste ore, quando le medie di mortalità da Coronavirus sigillano la fine della generazione dei nostri padri, è grande la preoccupazione della perdita di un patrimonio di valore incommensurabile, e provo a registrare le video chiamate e memorizzo le parole, sigillo ogni sms e vorrei difendermi con dispositivi che non esistono dalla perdita di pezzi della mia storia, della storia di una famiglia del Sud, e vorrei far più spazio nella memoria dei miei figli per alloggiare tratti e tradizioni culturali della nostra terra.
In sistemi regionali più moderni del nostro, al fine di non disperdere il know how professionale e culturale di professionisti anziani, si progetta per tempo il trasferimento delle competenze specifiche a gruppi e persone designate dal sistema per la protezione e lo sviluppo di esperienze di elevato valore scientifico… e allora mi chiedo in questa iperbole di perdite dove il cuore delle famiglie svanisce in un tempo così breve, quale possibilità reale abbiamo di trasferimento delle nostre tradizioni, e dei nostri costumi… e quante tradizioni e quanti costumi perderemo con questo assurda malattia che cancellerà con i suoi picchi una parte del Meridione, la parte dei nonni di mio figlio, l’anima buona della popolazione onestà e lavoratrice del Sud del dopoguerra di Italia.

*medico ospedale di Cosenza

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