ROMA «Comprendiamo le proporzioni drammatiche dell’emergenza sanitaria al Nord, ma non può essere sottovalutata la necessità di contenere la diffusione del coronavirus nelle regioni meridionali e in particolare in Calabria, dove il sistema sanitario non è in grado di reggere una eventuale esplosione dell’epidemia. Per questo abbiamo il dovere di proteggere soprattutto il personale medico e sanitario, già numericamente insufficiente, ed evitare che il contagio si diffonda nelle corsie degli ospedali, come purtroppo si è verificato nel reparto di dialisi dell’ospedale “Pugliese-Ciaccio” di Catanzaro». È quanto afferma il deputato di Fratelli d’Italia Wanda Ferro, che spiega.
«Non è accettabile che la Protezione civile requisisca alla fonte mascherine e dispositivi di protezione individuale destinate agli ospedali calabresi, come confermato, dopo la pubblicazione di notizie di stampa, dal commissario delle aziende ospedaliere catanzaresi Giuseppe Zuccatelli (QUI LA NOTIZIA). Una pratica che, secondo quanto riferito da Zuccatelli, riguarderebbe anche le attrezzature come i ventilatori e i respiratori, necessarie all’allestimento delle nuove postazioni di terapia intensiva e sub-intensiva. Intanto a Catanzaro il personale infermieristico si è visto consegnare le inutili mascherine, simili a stracci per la polvere, ritirate dagli ospedali della Lombardia perché assolutamente non idonee. La Lombardia sta rappresentando un vero e proprio fronte della guerra contro il coronavirus, e la Calabria ha dato una prova di solidarietà accogliendo nelle proprie strutture i primi pazienti in arrivo da Cremona e da Bergamo. Non possiamo però permetterci di restare impreparati di fronte ad un aggravarsi dei contagi, soprattutto dopo il rientro di migliaia di cittadini dal Nord, e dobbiamo essere messi in condizione di attrezzare i nuovi reparti e soprattutto di salvaguardare chi dovrà prendersi cura dei pazienti».
«INTERVENGA IL MINISTRO DELLA SALUTE» Anche i i parlamentari del Movimento 5 Stelle Francesco Sapia, Bianca Laura Granato, Giuseppe d’Ippolito e Paolo Parentela, intervengono sulla questione. «È inquietante, inammissibile e pericolosissimo – sostengono in una nota – specie in questa fase di aumento dei contagi da nuovo coronavirus, che non siano arrivati i dispositivi di protezione individuale e i ventilatori polmonari ordinati da aziende del Servizio sanitario della Calabria. Secondo la denuncia pubblica del commissario dell’Asp di Cosenza, Giuseppe Zuccatelli, questi materiali sarebbero stati tutti “dirottati” verso le regioni del Nord».
«Qui non si tratta di cedere a polemiche, ma di stabilire se le aziende pubbliche della salute che operano in Calabria debbano, come sacrosanto, essere messe nelle condizioni di garantire la prevenzione oppure no, il che sarebbe terribile. C’è – proseguono gli stessi parlamentari – un evidente problema politico da chiarire con il ministro della Salute, che dovrebbe preoccupare anche la nuova giunta regionale. L’emergenza Covid-19 è nazionale, le regioni meridionali, e in particolare la Calabria, sono le più sguarnite sul piano dell’assistenza sanitaria. Perciò è fondamentale – rimarcano i 5 Stelle – che adesso, e non con ulteriori rinvii, giungano in Calabria i ventilatori polmonari e i dispositivi di protezione necessari ad affrontare la situazione, atteso che, secondo le stime disponibili, nei prossimi giorni si attende il picco dei contagi, che in Calabria potrebbero schizzare ad oltre 500 per la fine di marzo, con tutte le gravi conseguenze in termini di stress delle strutture sanitarie pubbliche e dei vari operatori, i quali continuano a lavorare con rischio e gravi difficoltà quotidiane».
«Al ministro della Salute – concludono i parlamentari del Movimento 5 Stelle – chiediamo di attivarsi immediatamente, intanto presso il capo della Protezione civile nazionale, per risolvere con urgenza questo problema della ripartizione sui territori italiani, in relazione alle specifiche necessità e al di fuori della logica della contesa tra “poveri”, degli strumenti indispensabili in tutti i presìdi e reparti».
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