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«Coronavirus, gli "angoli bui" nei decreti del governo»

di Ettore Jorio*

Pubblicato il: 25/03/2020 – 12:36
«Coronavirus, gli "angoli bui" nei decreti del governo»

Il Governo, nella seduta del 24 marzo, ha messo a posto (fino a che punto lo vedremo) le «ingenuità» giuridiche commesse con l’attuazione del D.L. 6/2020, convertito nella legge 5 marzo 2020 n. 13. Più precisamente, a seguito dell’art. 3 dello stesso, nella parte in cui è stata offerta al Governo la potestas di adottare uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri – condivisi anche dai Presidenti delle Regioni interessate dai singoli provvedimenti ovvero da quello della Conferenza delle Regioni allorquando trattasi di un Dpcm da assumere a destinazione nazionale – per imporre tutte le misure assunte e quelle via via necessarie per tutelare le eventuali ulteriori emergenze di diffusione epidemiologica.
Il ricorso al Dpcm, una opzione molto frequentata dal Premier tanto da aver raggiunto un elevato numero (8) di una siffatta tipologia di provvedimento, è stato poco apprezzato dai costituzionalisti (si vedano IlSole24Ore del 13 e del 24 marzo 2020).
Un problema venuto alla ribalta soprattutto con i divieti, comminati attraverso, per l’appunto, Dpcm, del diritto dei cittadini di circolare liberamente «in qualsiasi parte del territorio nazionale» e di riunirsi ovunque, purché pacificamente. Ciò al comprensibile scopo di frenare il diffondersi dell’epidemia e quindi di recuperare, nel tempo, una situazione di normalità salutare collettiva.
Insomma, a tanti non è andato giù – non nel merito bensì nella forma di emanazione – il divieto imposto con il Dpcm del 22 marzo 2020 «di trasferirsi o spostarsi» comunque «in un comune diverso rispetto a quello in cui attualmente si trovano», tranne che per comprovate esigenze di lavoro, assoluta urgenza o motivi di salute. Una previsione che, ancorché comprensibile nelle finalità di massimo contenimento della diffusione del virus, ha avuto modo di concretizzare una notevole compressione dei diritti della persona.
Invero, alla luce della riserva di legge relativa, sancita dall’art. 16 della Costituzione, v’è stato subito da chiedersi se per tale limitazione della libertà di circolazione e soggiorno fosse davvero sufficiente la base fornita dall’art. 3 del D.L. 6/2020 di rinvio ad un atto normativo secondario, ancorché in presenza delle cause sanitarie giustificative. Questo è quanto rilevabile Costituzione alla mano.
Ma vi è stata anche, in proposito, da registrare un’altra stonatura, tra quanto sancito dalla fonte legislativa (D.L. 6/2020) e quanto stabilito dall’anzidetto Dpcm.
Infatti, se:
– da una parte risultava vero che l’allontanamento dal territorio comunale fosse esplicitamente contemplato dall’art. 1 e reso possibile dalla clausola aperta dell’art. 2 e in quanto tale non ci fosse alcun divieto formale all’introduzione di misure più intense di quelle espressamente previste;
– dall’altra, l’estensione di un tale invasivo divieto a tutti i comuni dell’intero territorio nazionale avrebbe forse consigliato l’assunzione di tale decisione con un nuovo atto con forza di legge piuttosto che con un decreto presidenziale attuativo del primo.
Una eccezione, questa, della quale il Governo si è ben reso conto. Più generalmente, di essere intervenuto in più ambiti con una tipologia di provvedimento inadeguato piuttosto che ricorrere al decreto legge (Quotidiano EELL&PA del 20 marzo 2020).
Cosa che ha ben fatto nella serata del 24 marzo adottando il sesto provvedimento legislativo, di cui all’art. 77 della Costituzione, con il quale ha, tra l’altro, corretto e virato l’approccio ai provvedimenti necessari ad affrontare la terribile epidemia da Covid-19. Ha fatto una corretta autocritica sull’uso eccessivo e inadeguato dei Dpcm adottati, sanando tuttavia il loro contenuto facendolo proprio nel decreto legge medesimo, del quale allo stato non si conosce l’esatta formulazione.
Il dubbio che rimane è quello, stante alla lettura delle diverse bozze in circolazione, che il Governo con l’anzidetto provvedimento abbia inteso dare il via ad una legge quadro, nella quale tracciare il confine tra potere normativo esercitato dall’Esecutivo e quello rientrante nella potestà di Regioni e Comuni.
Con il testo pubblicato in Gazzetta Ufficiale scopriremo se l’assassino è il maggiordomo.

*docente Unical

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