VIBO VALENTIA Gli agenti della Squadra mobile di Vibo Valentia hanno dato esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal Gip presso il Tribunale di Catanzaro su richiesta della Direzione distrettuale antimafia guidata dal procuratore Nicola Gratteri, nei confronti di Michele Fiorillo, alias “Zarrillo”, e Rosario Battaglia, alias “Sarino”, poiché ritenuti responsabili, insieme a Rosario Fiorillo, alias “Pulcino”, (all’epoca dei fatti quindicenne e per il quale si procede separatamente), dell’omicidio di Antonio De Pietro, avvenuto nei pressi del cimitero di Piscopio l’11 aprile 2005, quando la vittima venne colpita alla testa e al collo da svariati colpi di arma da fuoco.
Le investigazioni, coordinate dal pm Andrea Mancuso, hanno dato conto della oculata predisposizione di luoghi e mezzi da parte dei soggetti coinvolti che avrebbero agito al fine di consumare una vendetta, dettata da ragioni familiari ed economiche, nei confronti di De Pietro, “colpevole” di aver intrattenuto una relazione extraconiugale con Maria Concetta Immacolata Fortuna, madre di Rosario Fiorillo, a causa della quale la donna stava dilapidando il patrimonio dell’intera famiglia.
Tale rapporto era fortemente osteggiato da Rosario Fiorillo che, ritenuto esecutore materiale del delitto, avrebbe proprio agito indisturbato, grazie al concreto apporto fornito dai destinatari della misura restrittiva di oggi.
Le primissime attività investigative avviate all’epoca dell’uccisione di De Pietro avevano condotto all’esecuzione di un fermo di indiziato di delitto nei confronti dei presunti responsabili, provvedimento che, tuttavia, non fu convalidato per carenza di gravità indiziaria, con conseguente scarcerazione dei medesimi.
Le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Raffale Moscato e Andrea Mantella, riscontrate dagli investigatori della Squadra Mobile di Vibo Valentia, hanno poi permesso di cristallizzare ulteriori elementi posti quindi alla base del nuovo provvedimento restrittivo. Agli indagati sono contestate, inoltre, la detenzione e il porto di armi in luogo pubblico, oltre che le aggravanti del metodo mafioso e della premeditazione.
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