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Coronavirus, intervista al sindaco Falcomatà: «Un argine al diluvio di ordinanze»

Il primo cittadino di Reggio Calabria: «La sanità non può essere demandata alle Regioni»

Pubblicato il: 27/03/2020 – 10:31
Coronavirus, intervista al sindaco Falcomatà: «Un argine al diluvio di ordinanze»

di Fabio Papalia
REGGIO CALABRIA Lui si è fatto il video mettendo anche l’interprete della lingua dei segni, il New York Times i sottotitoli in inglese. Il sindaco di Reggio Calabria, Giuseppe Falcomatà, è tra i primi cittadini che ha avuto “l’onore” di essere inserito nel video-compilation dei sindaci furiosi con chi esce di casa, realizzato dal New York Times. Accanto a Vincenzo De Luca, il governatore della Campania che voleva mandare i carabinieri “col lanciafiamme” alle festa di laurea, e al sindaco di Messina, Cateno De Luca, c’è anche Falcomatà che racconta di avere visto per strada un cittadino col cane affetto da “prostata infiammata” e di avergli intimato «passa pa casa», tradotto in “you have to go home” (foto sotto).

Accomunati dal video del Nyt e divisi dallo Stretto, i due sindaci delle sponde opposte hanno ingaggiato un serrato braccio di ferro per la vergognosa vicenda dei circa 200 siciliani rimasti bloccati 72 ore nel limbo del piazzale Anas di Villa San Giovanni. Una vicenda che si è da poco conclusa positivamente e che ha visto Falcomatà chiedere a gran voce di fare traghettare i siciliani, così come loro stessi chiedevano, e il sindaco di Messina opporsi allo sbarco, salvo poi cedere e da ultimo rimediare anche una denuncia dal ministro dell’Interno Luciana Lamorgese per vilipendio, per via delle dichiarazioni rese in un video postato su Facebook. Lo scontro si è registrato anche a un livello istituzionale superiore, con la Regione Calabria da una parte e la Regione Sicilia dall’altra. Un altro scontro adesso si apre anche dopo la partenza di tutti i siciliani, con il Comune di Reggio che minaccia di chiedere i danni alla Regione Calabria.
Di questo e altro abbiamo parlato con il sindaco Falcomatà che ha rilasciato al Corriere della Calabria un’intervista telefonica.
Si è appena conclusa una delle pagine più nere dell’emergenza coronavirus in riva allo Stretto, ma le polemiche non sono ancora concluse, è vero che alcuni dei siciliani hanno dormito in un albergo a Reggio Calabria?
«Ho avuto conferma nella serata di mercoledì, nessuno mi ha preventivamente informato neanche per le vie brevi, da contributi informali che ho ricevuto, ma di cui ho avuto conferma per telefonate con dirigenti della Regione Calabria, è stata un’attività della Protezione civile regionale. È chiaro che una Pubblica Amministrazione non può e non deve muoversi per sentito dire, quindi non mi pronuncio finché non ho la certezza di quello che è successo, l’avrò dopo avere ricevuto risposta. Oggi ho scritto al presidente Santelli e al Dipartimento della Protezione civile regionale, ho chiesto di conoscere tutto l’iter procedurale con cui sono state gestite queste 72 ore a Villa San Giovanni, ho chiesto di conoscere da chi è stata presa la decisione di portare persone in un hotel di Reggio Calabria, quindi un comune diverso, ho chiesto perché non è stato scelto di portarli in hotel più vicini nel comprensorio di Villa San Giovanni e perché non è stato informato il sindaco di Reggio Calabria neanche per le vie brevi, sia in qualità di sindaco sia quale massima autorità sanitaria nel territorio. Adesso bisognerà adottare le contromisure del caso, adesso i cittadini vogliono risposte e capire se questa cosa porterà dei rischi per la loro salute. Se ci sono state, come immagino ci siano state, per esempio il personale dell’albergo, persone entrate in contatto con i siciliani, va fatto immediatamente il tampone e a titolo di risarcimento del danno, oltre com’è scontato, ovvio e normale, che ci sia la sanificazione dei locali hotel, questa è l’occasione per ampliare al numero più alto di persone possibili presenti sul territorio i tamponi, a partire dalla categoria di persone più esposte, i lavoratori che ci stanno garantendo salute, approvvigionamento di beni e servizi essenziali, medici, sanitari, forze dell’ordine, addetti ai supermercati, corrieri, autotrasportatori, fino alle fasce più deboli, perché ci serve anche ad avere dati più certi per un quadro della situazione».
Esattamente quante persone, quanti siciliani sono stati in albergo a Reggio?
«Non lo so, qualche decina, non credo di più».
Perché ci sono volute 72 ore per farli passare?
«Sicuramente qualcuno si è messo di traverso perché la soluzione trovata ieri si poteva trovare senza che passassero 72 ore, la soluzione non è stata trovata grazie a un elemento nuovo, che non c’era, ma applicando correttamente la normativa del Dpcm. I primi sono partiti perché la questione è diventata di ordine pubblico, l’ha acquisita il ministro dell’Interno che ha consentito al prefetto di emanare un’ordinanza ex art. 2 del Tulps (testo unico delle leggi di pubblica sicurezza) che ha consentito di far traghettare i primi, circa 120. Nel pomeriggio di mercoledì la “svolta” è stata la corretta interpretazione del Dpcm che prevede il rientro nella propria città non solo per ragioni di lavoro e di salute, ma anche per gravi motivi. Si è iniziato quindi a verificare che le persone materialmente avevano la necessità di rientrare in Sicilia, perché o erano partite quando ancora c’erano in vigore le precedenti norme che consentivano di rientrare nel proprio domicilio, o per effettivi motivi sanitari, perché abbiamo visto anche famiglie con malati oncologici, o appunto per gravi motivi, poiché in conseguenza delle prescrizioni erano rimaste senza casa e senza lavoro. Individuando questi come gravi motivi la situazione si è sbloccata, da Roma. Grazie a un indirizzo chiaro e preciso che il ministero degli Interni ha dato alle prefetture. Dopodiché dovremmo interrogarci tutti, se noi diciamo “Calabria chiusa”, come fanno ad arrivare a Villa San Giovanni, attraversando l’Italia e l’intera Regione Calabria, 250 persone che a norma di legge non potevano passare?».
Qual è stato il momento più critico?
«Quando martedì ho visto i poliziotti iniziare a schierarsi in assetto antisommossa, perché la situazione aveva iniziato ad agitarsi, quelle persone non mangiavano da 2 giorni, in condizioni precarie anche per espletare i bisogni fisici, ho percepito tensione da ambo le parti, poi per fortuna non è durato tanto. Da un lato sono iniziate a filtrare le prime notizie positive sui primi che sarebbero partiti la notte stessa, contestualmente abbiamo attivato la Caritas, l’associazione Nuova Solidarietà e la Polizia metropolitana per fare arrivare dei pasti caldi. Ciò ha stemperato gli animi».
L’emergenza coronavirus non è ancora finita, ma possiamo dire che al netto dei rimproveri del sindaco andati in onda su Facebook, i reggini tutto sommato abbiamo risposto più che positivamente?
«Non abbiamo visto le scene che purtroppo vediamo anche in altre grandi città, di persone che ancora non capiscono qual è il vero pericolo. Ho visto una campagna pubblicitaria umanamente tremenda, che ha fatto il Comune di Cagliari, affiggendo manifesti 6×3 in cui si dice “non capivo l’importanza di non fare la corsetta, ora la capisco perché mio padre è ricoverato”. Non siamo arrivati a scene di questo tipo perché la città ha risposto bene e ha risposto subito ai sacrifici che abbiamo chiesto con ordinanze che hanno anticipato le misure del governo. Ho chiuso mercati, parchi e cimiteri quando in Italia erano ancora aperti. Ho vietato il passeggio, la corsetta, la lotteria, quando in Italia ancora era consentito. La città ha risposto, magari non condividendole in pieno. Questo pian piano comincia a dare i suoi frutti, i giorni stanno passando e i numeri del contagio sembrerebbero abbastanza contenuti, ma non bisogna abbassare la guardia».
L’unica misura che non si comprende è la riduzione dell’orario di apertura dei supermercati, diminuendo le ore di apertura non si rischia di aumentare il numero delle persone in coda?
«L’amministrazione ha ricevuto proposte, c’è stato un confronto con le associazioni di categoria, Confcommercio, i sindacati rappresentativi dei lavoratori, non è stata una scelta imposta dall’alto ma una proposta che abbiamo ricevuto, accolto e condiviso da chi, come i dipendenti dei supermercati, è sottoposto a turni stressanti, sono anche le persone più a rischio, in alcuni casi c’è difficoltà a reperire dispositivi di protezione individuale. Adesso è passata più di una settimana, ho detto aspettiamo, sperimentiamo come va, se file sono frutto di un panico generato da una cattiva comunicazione a livello nazionale. Ad oggi la situazione non mi pare sia di congestionamento dei supermercati, vediamo come va. Se vedremo un flusso maggiore potremmo cambiare».
Intanto di domenica i supermercati restano chiusi?
«Quando ho emanato l’ordinanza, riguardava solo la grande distribuzione, il giorno successivo il presidente Santelli ha emanato un’ordinanza che chiude la domenica tutti gli esercizi commerciali. La mia ordinanza ormai è superata dall’ordinanza regionale che invece chiude tutto. Anche se decidessi di revocare l’ordinanza sindacale e riaprirli la domenica, resterebbero chiusi per effetto dell’ordinanza della Regione Calabria».
Non trova che tutto questo proliferare di ordinanze a vario livello serva solo ad accrescere la confusione e che in un frangente di emergenza come questo forse sarebbe il caso che il governo revocasse il potere di emanare ordinanze a sindaci e regioni per rendere le norme uniformi su tutto il territorio nazionale?
«Sono d’accordo, perché poi la gestione viene demandata a singoli comuni che a volte decidono di fare un’ordinanza pressati dalle richieste della popolazione anziché da effettive esigenze. È in atto una discussione per un nuovo decreto del governo che ponga un argine al diluvio di ordinanze dei comuni, con una gestione unitaria a carattere nazionale. C’è un dialogo in corso con l’Anci».
In piena emergenza si è opposto alla chiusura dell’aeroporto di Reggio, col senno di poi era giusto chiuderlo?
«No, noi a differenza delle altre città non abbiamo altri collegamenti, non abbiamo alta velocità, non abbiamo alta capacità, in generale un traffico ferroviario che ci consente di essere collegati in pochi minuti, in poche ore, col resto del Paese. Se sacrificio si deve fare, faremo anche questo, resta il dubbio che poteva essere fatto meglio, ma soprattutto su quale sarà il futuro dell’aeroporto di Reggio Calabria e su questo dobbiamo continuare a vigilare e richiamare ognuno alle proprie responsabilità. Magari in questa fase in cui è chiuso potrebbero anche dirci qual è il piano industriale, visto che è un segreto che nessuno da 3 anni a questa parte riesce a conoscere. Che Sacal quanto meno ci metta a conoscenza delle idee sullo scalo reggino».
La buona risposta dei reggini, quanto è dettata da senso civico e quanto invece dalla consapevolezza dello stato in cui versa la sanità in città? Cosa si sta facendo e cosa si farà anche quando sarà cessata l’emergenza?
«Un giusto mix, del resto abbiamo detto che la partita la vinciamo sul piano della prevenzione. Avevo chiesto all’inizio di questa storia che venissero aumentati i posti letto in terapia intensiva, pneumologia e malattie infettive. Si sta facendo, il Grande ospedale metropolitano ha realizzato un’intera torre dedicata al Covid-19. Sono state sbloccate le assunzioni per medici e infermieri. Avevo chiesto a tempo indeterminato, sono state sbloccate a tempo determinato, questa è una cosa sulla quale insistere. Dobbiamo “far tesoro” di questa emergenza coronavirus per essere pronti per il dopo emergenza, bisognerà attuare tutte quelle procedure straordinarie per realizzare un miglioramento di strutture, attrezzature, personale, che ci consenta di colmare, o almeno ridurre il gap con la sanità delle altre regioni, così da ridurre se non annullare il triste primato della Calabria, regione con più alta migrazione sanitaria».
La sanità resta materia di competenza regionale? «Questa storia dimostra di più ancora una volta che la sanità non è materia che può essere demandata alle regioni, che venga riportata alla gestione nazionale, abbiamo un “Sistema sanitario nazionale” e non regionale, coerenza vuole che anche la sanità ritorni a una gestione di carattere nazionale. Su questo faccio anche autocritica, con la riforma costituzionale del 2001 abbiamo inseguito sul terreno del federalismo altri soggetti politici, il governo di allora ha compiuto un gravissimo errore che sta portando ripercussioni ancora oggi».
Però quando tutto questo sarà finito ci mancheranno le strade a misura d’uomo, zero traffico, zero inquinamento acustico, non potremmo far tesoro anche di questo?
«Credo che tutti stiamo imparando qualcosa da questa emergenza, a muoverci meglio e gestire meglio i nostri consumi, non vorrei sembrare romantico ma stiamo imparando anche a riscoprire il rumore delle fronde alberi, delle palme, gli uccellini, cose che normalmente non sentivamo più. L’auspicio è che si insista su tema delle politiche ambientali. Con l’emergenza abbiamo capito anche oltre a essere importante, siamo anche in grado di farlo. Abbiamo anche visto che alcune scelte importanti, forti e inizialmente impopolari, se sono giuste alla fine il cittadino le capisce e ci si adegua pure. Sperimentalmente si potrebbe pensare a una graduale chiusura del centro storico e all’utilizzo solo ad altri mezzi ecologici».
Bisogna anche fare i conti col denaro, come farà il Comune a far fronte alle minori entrate nelle casse comunali?
«È una situazione a rischio che entro aprile dovrà risolversi, perché ogni comune, forse Reggio Calabria con maggiore difficoltà per i noti problemi ma in compagnia degli altri 8 mila comuni, non riuscirà ad andare oltre aprile. Se entro aprile il governo non emanerà come richiesto dall’Anci un provvedimento che dia liquidità ai comuni per riequilibrare la sospensione dei tributi locali, saremo tutti nei guai. Abbiamo chiesto la riduzione del fondo crediti dubbia esigibilità che oggi è al 90% e abbiamo chiesto di ridurlo al 60 o anche meno, rinegoziazione dei mutui e la sospensione dei mutui in essere non soltanto al Mef ma anche presso la Cassa depositi e prestiti. Tre cose chiare e nette che servono ai comuni per sopravvivere. La stessa Corte Costituzionale, con sentenza del 14 febbraio 2019, dice di non dare tempi lunghi di rientro dal debito ai comuni, ma di dare la liquidità necessaria per saldarli nel minor tempo possibile».
A Reggio poi c’è ancora la questione dei rilievi della Corte dei conti, che presagiva un default di fatto non dichiarato?
«Abbiamo depositato ricorso, ma adesso le attività sono sospese, d’altro canto c’è un’interlocuzione col governo, ma anche questa attività è ferma al momento, per inserire una modifica al Tuel che consenta di correggere una decisione della Corte dei conti che si è pronunciata valutando per Reggio un caso analogo per un altro comune».
Anche le elezioni comunali probabilmente saranno rinviate, ci pensa alla campagna elettorale?
«No. Non riesco a occuparmi di altro se non dell’emergenza coronavirus, non è tra i miei pensieri di oggi». (redazione@corrierecal.it)

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