COSENZA Le preoccupazioni sulla difficoltà di mantenere le misure di sicurezza nelle strutture sanitarie pubbliche e private erano (e sono) tante. E probabilmente fondate, visto che due potenziali “bombe” epidemiologiche sono esplose proprio in strutture assistenziali. Due case di cura, a Bocchigliero e Chiaravalle, “epicentri” di contagio nel Cosentino e nel Catanzarese.
CONTAGI E SOSPETTI A BOCCHIGLIERO Nella casa di cura del piccolo centro del Cosentino “chiuso” qualche giorno fa dalla presidente della giunta regionale Jole Santelli sono 22 i positivi al Coronavirus tra pazienti e anziani. Quattro ospiti della struttura sono stati ricoverati nell’ospedale di Cosenza, gli altri si trovano in quarantena. Ma da quando il contagio ha iniziato a salire, nella struttura si sono registrati alcuni decessi di pensionati che non sono stati sottoposti a tampone né prima né dopo la morte, secondo quanto riporta la Gazzetta del Sud. Morti, dunque, non ricollegabili al Coronavirus. Ma la preoccupazione è tanta.
IL CASO CHIARAVALLE E LA “FUGA” DI ALCUNI DIPENDENTI A Chiaravalle i numeri sono ancora più importanti. I tamponi effettuati hanno accertato la positività di 48 anziani (gli ospiti della struttura sono in totale una settantina), e di 13 assistenti socio sanitari sui 41 dipendenti sottoposti a tampone. In totale sono 61 casi. La casa di cura è stata messa in quarantena appena sono emersi i primi casi, ma, secondo quanto denuncia il titolare Domenico De Santis, alcuni dipendenti e collaboratori si sarebbero sottratti all’ordinanza del Comune e, invece di trascorrere la notte nella Rsa, avrebbero fatto rientro nelle loro abitazioni.
LA SCELTA DI SANTELLI Alla luce delle emergenze, e per scongiurare la possibilità che le strutture sanitarie diventino fonte di contagio, venerdì Santelli ha firmato un’ordinanza che prevede che siano sottoposti a tampone per la ricerca di Covid-19/SARS-Cov-2 tutti gli operatori sanitari, delle strutture pubbliche e delle strutture residenziali.
LA CGIL DENUNCIA: «PERSONALE A MANI NUDE» Ma dalla Cgil arriva un nuovo monito sull’insufficienza delle misure di sicurezza. «Quello che sta accadendo nelle strutture sanitarie, pubbliche, private, di base, in merito ai dispositivi di protezione individuale (mascherine, calzari, guanti) non è più sostenibile – scrive il segretario regionale Angelo Sposato. La Calabria ha avuto il tempo per disporre anche linee produttive per la produzione delle mascherine come sta avvenendo in altre regioni d’Italia, ma si continua a temporeggiare. Molti operatori (medici, infermieri, Oss, tecnici, amministrativi), operano in stato di emergenza a mani nude e non possono esseri lasciati soli. Alcuni hanno risolto individuando soluzioni personali a costi esosi, nel mercato. C’è paura». E «se non ci saranno risposte immediate, ci rivolgeremo ai Prefetti ed alle Procure competenti».
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