LAMEZIA TERME «Io non mi sono mai interessato di edilizia sanitaria, di attrezzature sanitarie, quindi è una cosa che… io mi occupo di altre cose. In questo frangente siamo stati catapultati quindi se lei mi dice: “Che cos’è un ventilatore?” Io non le saprei nemmeno dire». Report dedica a Domenico Pallaria la chiosa del segmento calabrese della puntata dedicata all’emergenza Coronavirus.
Quello messo insieme dal programma di RaiTre è un racconto che non fa sconti e rappresenta l’approccio calabrese all’emergenza come un caos (dis)organizzato. Si chiude col manager della Protezione civile (e di altre svariate emergenze calabre: Lavori pubblici, infrastrutture, rifiuti, ospedale di Vibo Valentia, solo per citarne alcune) che, chiamato a gestire la crisi assieme al dirigente del dipartimento Tutela della Salute Antonio Belcastro, ammette di non essere un esperto. E con la presidente Jole Santelli che chiede: «Chi avrei dovuto nominare?», non prima di aver scaricato le responsabilità delle disfunzioni su dieci anni di commissariamento.
E si apre, il racconto, con le immagini – già viste ma non per questo meno impressionanti – degli ospedali pagati svariati miliardi delle vecchie lire e oggi desolatamente vuoti. C’è Scalea (20 miliardi di lire), mai entrato in funzione: vuoto e cadente, con attivi un ambulatorio e la guardia medica, che tanto attiva non è perché – nel giorno della visita di Report – si aspetta l’arrivo delle mascherine.
«A Rosarno stessa situazione – spiega l’inviata –: miliardi delle vecchie lire… buttati. Porte, attrezzature, brandine: è stato tutto rubato». E a Gerace dell’ospedale non rimane granché. Cinque milioni di euro per mettere in piedi una struttura mai utilizzata. Vi si trovano persino attrezzature mediche ormai logore; alla fine è costato anche 2 milioni di euro per danni erariali.
Dove l’ospedale c’è, come a Catanzaro, «la tenda del pre-triage è stata piazzata in un piccolo cortile interno, dove chiunque ha libertà di accesso. Nessuna distanza di sicurezza fra chi attende di fare il tampone, chi manifesta sintomi e chi attraversa l’area un po’ per caso». Il commissario delle Aziende ospedaliere del capoluogo, Domenico Zuccatelli, dice che verificherà.
Su Castrovillari, invece, Report si era già soffermata nei giorni scorsi, sottolineando che nell’ospedale, individuato come centro Covid per soli sette giorni, le procedure per l’accesso dei pazienti a rischio erano per lo meno confuse (e la tenda apre-triage era chiusa). Il referente, anche in questo caso, è Zuccatelli, che gestisce anche l’Asp di Cosenza. Ma non ricorda di aver autorizzato lui Castrovillari come centro Covid.
Il racconto parla anche di paradossi come quello degli abitanti di San Lucido, il secondo comune della Calabria chiuso per un focolaio: in caso di bisogno vanno nella vicina Paola, dove però c’è solo il pre-triage (e, secondo gli atti ufficiali dell’Asp di Cosenza, non c’è la possibilità di allestire un reparto degno di questo nome). Per l’eventuale Tac, i pazienti si spostano a Cetraro e infine a Cosenza se serve il ricovero in malattie infettive. Davanti all’ospedale, l’inviata trova un altro esempio: un utente che arriva da Corigliano Rossano dopo un minitour della provincia che non è certo un esempio di ottimizzazione.
Non ci sono gli ospedali. Alcuni, tra quelli che ci sono – ammette Pallaria – non sono neppure accatastati. Sono, per l’Agenzia del Demanio, strutture fantasma. E non ci sono neanche i dispositivi di protezione individuale. Zuccatelli spiega che, per far fronte all’assenza di mascherine, dalla Regione gli è stata fornita un mail. E Pallaria replica mostrando i presidi arrivati e che la task force aveva inviato alle strutture sanitarie. «Eccole, non le hanno volute. Ce le hanno restituite», dice.
E se è vero che la sanità calabrese è un bersaglio facile, è altrettanto vero che ci ha messo del suo – in anni di sprechi, iniziati ben prima di dieci anni di commissariamento non proprio risolutivi – per diventarlo. L’ex commissario al Piano di rientro Massimo Scura punta il dito contro «un anno perso dalla Calabria a fare nulla, il 2018». Un altro anno, il 2016, si è portato dietro la promessa, disattesa, di 779 posti letto che sarebbero potuti nascere ben prima che la pandemia piombasse a sorprendere il sistema sanitario (tutto, non soltanto quello regionale).
Questo viaggio negli ospedali che non ci sono e nei ritardi atavici porta Sigfrido Ranucci, conduttore di Report, ad augurarsi che «in Calabria, più che altrove, il contagio non si diffonda». Perché sarebbe un (potenziale) disastro. È lo stesso auspicio, in fondo, della politica regionale. Che certe cose le sa bene. (ppp)
L’ospedale di Castrovillari, in provincia di Cosenza, il 12 marzo, era stato identificato fra le strutture che dovevano accogliere i pazienti Covid-19: è stato attivo solo sette giorni, e la tenda pre-triage è stata distrutta dal maltempo #Report pic.twitter.com/jgtewkPziR
— Report (@reportrai3) March 30, 2020
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