di Alessia Truzzolillo
CHIARAVALLE «È tutto fermo, nessuno ci dice quando verrà effettuato il trasferimento e in quale struttura. Viviamo appesi, lontani dai nostri cari che sono persone fragili. A una certa età si ritorna un po’ bambini, e si sa, ci si trova spaesati. Noi non possiamo stargli vicino e nessuno si prende la briga di contattare le famiglie». Ha la voce gentile, calma, ma colma di apprensione, la nipote di una nonnina di 90 anni che è ricoverata nella casa di cura “Domus Aurea” di Chiaravalle (sulle generalità manteniamo il riserbo in rispetto alla signora che è ricoverata) dove il coronavirus ha contagiato oltre 70 persone tra ospiti e personale e ha già mietuto sette vittime. Nel pomeriggio di mercoledì è arrivata la conferma che i pazienti saranno trasferiti al Policlinico di Germaneto, ma la novità non ha alleviato le preoccupazioni dei parenti.
Le prime notizie del focolaio hanno cominciato a circolare sui giornali già il 25 marzo quando il sindaco di Chiaravalle Centrale aveva disposto la chiusura della casa di riposo a causa di un’anziana risultata positiva. I successivi tamponi estesi a degenti e personale hanno mostrato tutta la gravità della pandemia. «Noi abbiamo saputo del contagio da un amico di famiglia che ci ha chiamato dicendoci che stava circolando un whatsapp nel quale si diceva che vi fossero tanti positivi nella struttura in cui è ricoverata mia nonna». Anche l’anziana parente della nostra lettrice è risultata positiva ma è asintomatica ed è ancora “confinata” nella “Domus aurea” in attesa di essere trasferita dove non si sa.
Da una settimana si susseguono voci di possibili sgomberi della struttura: prima a Lamezia, poi a Germaneto e in parte a Soverato, poi i piani sembrano essere cambiati e allora si susseguono notizie di nuovi spostamenti. Il sindaco di Lamezia Terme, Paolo Mascaro, alla notizia del trasferimento nello spoke cittadino ha tuonato: «L’ospedale di Lamezia non è al momento assolutamente attrezzato, per modalità strutturali, per mezzi e per persone, ad accogliere soggetti risultati positivi». In realtà, come abbiamo scritto in più occasioni, l’ospedale di Lamezia è in forte sofferenza anche per gestire la quotidianità ma il primo cittadino si è messo ad alzare barricate solo dopo il rischio ravvisato con il trasferimento degli anziani di Chiaravalle.
In tutto sono 46 gli anziani da trasferire. Una gatta da pelare che sta mandando in tilt tutto il sistema sanitario regionale. Nessuna struttura è idonea, viene fuori che il re è nudo.
«Tutto quello che apprendiamo lo ricaviamo dai giornali o dalle notizie che circolano in rete», ci dice la nipote dell’anziana. «Non vogliamo che mia nonna muoia per l’inerzia di coloro che dovrebbero prendere delle decisioni. Non c’è nessuno che si prenda la briga di tenerci aggiornati. Mio padre telefona alla struttura, sappiamo che mia nonna è stabile, non presenta sintomi ma viviamo nell’incertezza, non abbiamo un referente tra gli organi istituzionali e sanitari. È tutto fermo, è tutto un susseguirsi di “vediamo, faremo, non si sa”. Le notizie sono affidate al passaparola». Come possa essere scoppiato il focolaio la nipote proprio non lo sa spiegare. «Guardi, io le posso dire – ci racconta – che mio padre è andato a pagare la retta poco prima del primo decreto Conte ma non è passato a salutare mia nonna perché c’era un avviso sulla porta che interdiceva l’accesso presso i pazienti. Mio padre non vede la nonna da un mese ormai. Adesso quello che ci interessa è avere notizie, sapere che i nostri anziani sono seguiti, avere un referente. Certo, poi dopo ci interesserà sapere come sia scoppiato questo focolaio».
«LI STANNO PORTANDO A MORIRE» Molto meno pacata e decisamente più esasperata è la voce del sindaco di Chiaravalle Centrale, Domenico Donato, che oggi, nel ringraziare una ditta che ha fornito presidi di protezione individuale da mandare alla casa di cura, non ha usato mezzi termini nel ricordare che questi anziani, fragili e già provati, da una settimana chiusi in una struttura che è un focolaio d’infezione rischiano «di essere mandati a morire».
«Fortunatamente la Calabria può essere anche una regione autonoma e garantire quello che è necessario – dice il sindaco –. La ditta Gallo, è riuscita questa mattina a fornire tute protettive autorizzate, mascherine col filtro tre, occhiali, guanti e li sta donando al Comune di Chiaravalle al fine di poter rifornire la struttura “Domus Aurea” per avere tutto il necessario per poter assistere quelli che sono i pazienti che stanno portando a morire. Questa è la realtà. Io ringrazio la ditta Gallo per quello che sta facendo per la nostra comunità, per la “Domus Aurea”, per i nostri nonnetti, come li stiamo chiamando. È ora di finirla con le parole. È il momento di agire fortemente per far sì che queste persone possano continuare a vivere». (a.truzzolillo@corrierecal.it)
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