di Giorgio Curcio
LAMEZIA TERME Coronavirus e disagio sociale. Elementi che, insieme, rischiano di trasformare rapidamente quella che è un’emergenza in un vero e proprio dramma. E a Lamezia una “bomba sanitaria” rischia di esplodere da un giorno all’altro. In tempi di restrizioni e “lockdown” per cercare di contenere il numero dei contagi da Covid-19 in tutto il Paese, nella città della Piana, un tempo la terza della Calabria, è ancora altissima la preoccupazione fra le vie, strette, che percorrono in lungo e in largo il campo rom di Scordovillo, il più grande del Sud Italia.
BOMBA SANITARIA Qui, infatti, circa un centinaio di famiglie, da settimane, si ritrovano pericolosamente esposti al rischio contagio a causa delle precarie condizioni ambientali, e la mancanza di qualunque tipo di protezione. Di mascherine e guanti neanche l’ombra e ci si ritrova così costretti a fare i conti con la paura di ammalarsi e di dover combattere una battaglia senza armi a disposizione. Come quando poco più di un mese fa, a preoccupare sono state le condizioni di salute di una minore presente nel campo. Un po’ di malessere, qualche linea di febbre e la paura del coronavirus placata solo dopo l’intervento di un’ambulanza e l’esito negativo del tampone.
SCORDOVILLO Ma che il campo rom di Scordovillo da anni faccia i conti con una situazione di degrado allarmante e di sostanziale abbandono e indifferenza, da queste parti, non è certo una novità. Da decenni sindaci e amministratori locali e regionali hanno millantato soluzioni e prospettive, veri assi nelle maniche da usare però solo in campagna elettorale. Di fatto, però, non è cambiato nulla e la situazione di disagio in cui vivono centinaia di persone rischia di trasformasi in un dramma da tempo, e l’allarme coronavirus non ha fatto altro che moltiplicare esponenzialmente i rischi.
UNA PRIGIONE Attività lavorative sospese e l’impossibilità di recarsi in altri punti della città, hanno trasformato il campo di Scordovillo in una sorta di prigione dove gli “ospiti” faticano drammaticamente a rifornirsi di beni di prima necessità (soprattutto farmaci) e alimenti. E qui, di aiuti, non ne arrivano. Una situazione allarmante denunciata al Corriere della Calabria da Pamela Bevilacqua, attivista che da anni si batte per difendere i diritti essenziali della comunità rom presente a Lamezia: «Salvo qualche piccolo aiuto di amici e conoscenti e in parte anche della Caritas che ci ha fornito da pochi giorni pranzo al sacco – ci racconta – gli abitanti del campo di Scordovillo sono completamente abbandonati al loro destino, e non parlo solo di cibo. E’ necessario rifornirsi anche di farmaci essenziali! Che succede se uno dei tanti bambini si becca la febbre? Come li curiamo?»
GLI AIUTI? «Il Comune e l’amministrazione di Lamezia che fine ha fatto? Siamo stati negli uffici comunali – ci racconta ancora Pamela – qualche giorno fa per chiedere informazioni e capire cosa fare per avere generi di prima necessità ma siamo stati addirittura insultati e cacciati via da un assessore, con la minaccia di chiamare la Polizia locale». E, oltre al disinteresse da parte del comune lametino, l’attivista lamenta anche una diffusa e preoccupante indifferenza da parte delle numerose associazioni presenti in città. «Ci hanno promesso aiuti – dice – abbiamo mandato messaggi ed email, ma poi ci hanno ignorato completamente. Se un ente pubblico come il Comune mi ha cacciato in malo modo, cosa possiamo aspettarci dagli altri?».
CIAMPA DI CAVALLO Situazione simile, ma migliore, nel quartiere “Ciampa di Cavallo”, che ospita famiglie di etnia rom e non rom, sebbene anche qui le condizioni di disagio siano preoccupanti. «Dobbiamo ringraziare – ci racconta Pamela Bevilacqua – soprattutto lo forze dell’ordine. Passano di qui molto spesso, spiegando alle famiglie e soprattutto ai più piccoli quali siano le misure da adottare e come vivere in sicurezza questo terribile momento».
L’APPELLO «Chiediamo aiuto a tutti e soprattutto all’amministrazione comunale di Lamezia, al sindaco Mascaro e all’assessore Teresa Bambara. Anche noi siamo cittadini di Lamezia e anche noi abbiamo bisogno di aiuto in questo particolare momento di emergenza per tutti!»
LA RISPOSTA DI MASCARO Il primo cittadino di Lamezia Terme, Paolo Mascaro, a stretto giro ha risposto al nostro articolo con alcune precisazioni: «Gà da ieri – dice – abbiamo fatto avere 300 mascherine al campo Rom e stamattina altre 150. Per quanto riguarda gli alimenti, invece, ho detto loro di chiamare al numero Caritas per chiedere così da avere il necessario tramite spesa in sospesa. Ho anche detto a chi mi ha chiamato di rivolgersi ai Caf per i buoni spesa. Personalmente farò l’impossibile per venire loro incontro». (redazione@corrierecal.it)
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