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I "Vattienti" di Nocera: storia, identità e fede di «uomini che praticano la penitenza»

Per la prima volta in almeno 120 anni l’atteso rito non sarà celebrato per le restrizioni contro il coronavirus. Lo storico Macchione al Corriere della Calabria: «La tradizione vive comunque nel ri…

Pubblicato il: 11/04/2020 – 9:24
I "Vattienti" di Nocera: storia, identità e fede di «uomini che praticano la penitenza»

di Giorgio Curcio
NOCERA TERINESE «Un evento rarissimo, probabilmente unico: siamo certi che almeno negli ultimi 120 anni il rito dei Vattienti non è mai stato interrotto». Le norme di contenimento e distanziamento sociale (proprio ieri prorogate fino al prossimo 3 maggio) hanno avuto un impatto notevole sulle festività pasquali, sulle processioni e i riti della Pietà popolare.
I VATTIENTI Molto più di una tradizione, molto più di un “rito pasquale” che si celebra ogni anno fra le vie del borgo della provincia catanzarese. Quello dei Vattienti è, nei fatti, uno dei tratti salienti dell’identità antropologica di un’intera comunità. Il noto Storico, Antonio Macchione lo descrive bene al Corriere della Calabria: «Per dare una definizione ottimale del rito dei Vattienti, uso le parole dello storico nocerese, Ernesto Pontieri: si tratta di uomini che adempiono il voto o praticano la disciplina, la penitenza». 
 IL RITO Secondo Macchione «sono molteplici le motivazioni per cui il nocerese si accosta al rito. L’uomo che si denuda le gambe e si batte, si percuote e si flagella a sangue, offrendo il suo stesso sangue alla Vergine Addolorata, lo fa ripercorrendo idealmente la Via Crucis». A proposito del rito, poi, lo storico Macchione racconta che «ci sono tante interpretazioni, così come molteplici sono anche le tesi sulla sua introduzione. Abbiamo ereditato questa tradizione “votiva del sangue” e cerchiamo di tramandarla alle generazioni future perché si tratta di una traccia identitaria molto forte. Ha segnato la nostra crescita, il nostro dna culturale». Ci sono i percorsi, le motivazioni, le tecniche e i metodi di flagellazione, tutti elementi che variano da persona a persona, in base al vissuto, al passato e secondo motivazioni antropologiche molto profonde e che rendono unico e diverso, allo stesso tempo, il rito dei Vattienti. «Si tratta di una morte controllata: quando si effonde il sangue lo si fa per morire ma, allo stesso tempo, per risorgere». 
L’INTERRUZIONE «Dagli inizi del ‘900 – ci racconta ancora Antonio Macchione – da quello che c’è dato sapere, questo rito non è mai stato interrotto, neanche ai tempi delle Guerre, non ci sono tracce documentate ma i riti di quest’anno del Venerdì e del Sabato Santo saranno probabilmente rinviati a settembre, nel corso della festa della Santa Croce».
L’ESALTAZIONE DELLA MEMORIA L’interruzione di quest’anno, dunque, segna un punto epocale per i Vattienti, un evento di fatto storico. E’ perciò un episodio particolare e allo stesso offre l’occasione per celebrarne il ricordo attraverso nuovi linguaggi. «La cosa bella che sta emergendo – ci racconta infine lo storico Antonio Macchione – è che i Sepolcri si sono moltiplicati: chiunque ha un’immagine dell’Addolorata mette magari un piatto, dei fiori, un lumino. Le famiglie si riuniscono a distanza con il vicinato e dai balconi recitano il Rosario insieme. La tradizione vive nel ricordo individuale e, nell’assenza della celebrazione del rito, si celebrano queste liturgie che hanno nell’immaginario popolare un valore sacramentale molto forte». (redazione@corrierecal.it)

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