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«Un ragazzo di Calabria apre la Via Crucis di Papa Francesco»

di Anna Pizzimenti*

Pubblicato il: 11/04/2020 – 21:18
«Un ragazzo di Calabria apre la Via Crucis di Papa Francesco»

Nel venerdì santo più silenzioso che la storia potrà ricordare, un ragazzo di Calabria apre la Via Crucis di Papa Francesco e alza il sipario su quell’umanità che il silenzio, il buio, la notte senza alba li affronta e rivive, in ogni giorno della propria esistenza, come in un ininterrotto deja vù.
“Il pensiero va a quel bambino, nato nella Calabria degli anni Settanta”. Bastano queste semplici parole a fare cambiare tutta la prospettiva, perché quando senti pronunciare il nome della terra in cui sei nata e in cui vivi, ti scuoti subito, come in risposta all’appello il primo giorno di scuola, per dire che quella storia è un po’ la tua, anche se non l’hai vissuta in prima persona. E’ quella di una terra che mostra, ancora una volta, il suo volto più triste e logoro, segnato dal bisogno, dall’ignoranza, dagli agguati di prede malefiche. Ma è il volto di una terra che sa riconoscere il proprio errore, che chiede aiuto, che invoca la comprensione. E che non è la sola, né è da sola.
Ci si aspettava una funzione sicuramente coinvolgente, sicuramente commovente, di quelle che fanno vibrare l’anima, quando viene pizzicata lievemente, come le corde di una chitarra. E, invece, improvvisamente, il velo si squarcia e quell’esercito, che si muove in “un cimitero di morti viventi”, in modo compassionevole segna il passo attorno all’obelisco di piazza San Pietro, segnando contemporaneamente le tappe di una mappa che conduce all’inferno, ma da cui si può, si deve fare ritorno.
Le voci che si alternano lasciano sullo sfondo le storie personali di ognuno, per fare emergere alla luce tremolante delle fiammelle l’urgenza dell’espiazione, il bisogno del perdono, la provvidenziale condivisione, almeno morale, del Cireneo, perché “tutti siamo figli della stessa umanità”.
Un’umanità che, inghiottita dalla coltre vischiosa e luttuosa del SARS-COV 2, rischia di porre se stessa ancora una volta al centro dell’universo, dimenticandosi di chi, pur vivo, viene seppellito, con il suo diario personale, con la sua essenza di essere umano, in un cimitero fatto di matricole e di anonimato sociale, che racconta solo “le storie che non vuole più nessuno”.
Le meditazioni volute da Papa Francesco per la Via Crucis del 2020 mostrano che il Male non coincide mai con la teatralità istrionica dei protagonisti de La Casa di Carta, ma corrompe, distrugge, annienta; avvertono che nella vita dell’Uomo esiste una via che conduce alla risurrezione, che richiede di salire sul Golgota, con il peso di una croce addosso. Ma esortano anche noi, uomini e donne liberi, ad essere portatori di speranza verso tutti coloro che vivono “in un mondo di disperazione” e che ci camminano accanto, silenziosamente e nascosti agli occhi del mondo.

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