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«In Calabria nulla è cambiato»

di Massimo Scura*

Pubblicato il: 14/04/2020 – 19:30
«In Calabria nulla è cambiato»

Anche se lontano fisicamente per causa di forza maggiore, seguo attentamente la sanità calabrese e tutto ciò che la circonda: dichiarazioni, anche sue, talk show della domenica e del lunedì, articoli di politici regionali, professori universitari e giornalisti.
Purtroppo devo riscontrare che nulla è cambiato in quel di Calabria. Le inesattezze (eufemismo) e le valutazioni di comodo, lo scaricabarile, il gusto di piangersi addosso fino all’autolesionismo, fanno dimenticare la realtà della sanità calabra passata e presente.
Cominciamo dal presente. L’epidemia da corona virus ha in parte risparmiato la Calabria, anche se i morti, soprattutto nelle RSA, gridano vendetta. Peraltro, se non fosse per le migliaia di rientri dal Nord, probabilmente i contagi sarebbero stati di molto inferiori e, con essi i ricoveri in terapia intensiva e i decessi.
Oltre alla pandemia, sembra in fase discendente, lei Presidente oggi eredita un sistema regionale sanitario così messo.
A capo c’è un commissario ad acta che non ci risulta vanti un master in organizzazione sanitaria o dimostri un amore particolare per la Calabria, a giudicare dalla totale acquiescenza al tavolo romano al quale non interessa nulla della Calabria. Il commissario ha approvato il programma operativo 2019 – 2021 lo scorso 26 febbraio, come a certificare che si è totalmente perso il 2019 in diatribe politiche tra il precedente Governatore Oliverio e la ministra Grillo, per fortuna entrambi esclusi dal panorama politico regionale. Ci hanno lasciato in eredità il Decreto Calabria, che da pieni poteri al commissario. Poteri finti, perché i commissari delle aziende li nomina Roma, la quale riducendo il personale sanitario calabrese, di fatto sta affossando i servizi sanitari, faticosamente attivati negli anni 2016-2018, dopo le iniezioni di personale iniziate nel 2015. Risultato: la mobilità passiva (che misura quanti calabresi si curano fuori regione) che, grazie ai servizi attivati negli anni suddetti, è calata di decine di milioni, riprenderà a salire (lo misureremo dal 2021 in poi). Se ne avvantaggeranno le regioni del Nord, ma la somma algebrica complessiva della mobilità passiva (nostra) e attiva (delle altre regioni) è sempre pari a zero. Ecco perché non interessa a Roma, preoccupata del bilancio nazionale.
Il dipartimento tutela della salute, grazie alla cura del suo predecessore, è stato sfasciato, né il suo dirigente generale attuale ha mostrato particolare abilità nel ricostruirlo e gestirlo.
Gli acquisti per la sanità calabrese, che sono la prima fonte di perdita del bilancio regionale, e che finalmente sono direttamente sotto il controllo del commissario, si fanno fuori regione, con il risultato che il lavoro (occupazione) e il controllo economico ci vengono sottratti.
Le Asp di Reggio Calabria e Catanzaro sono sciolte per infiltrazioni mafiose e sono gestite, si fa per dire, da prefetti, la cui competenza gestionale è tutta da dimostrare, anzi qualcuno l’ha già dimostrata. Un’azienda sanitaria non è un comune, in sanità non esiste l’ordinaria amministrazione. Il commissariamento prefettizio sta favorendo proprio chi si voleva contrastare, la malavita organizzata, le cui infiltrazioni nelle aziende, meglio tra il personale delle aziende, sono oggetto di indagine delle procure di Reggio e di Catanzaro.
Veniamo brevemente al passato.
All’inizio del commissariamento, nel 2010, i LEA raggiungevano il punteggio di 88. Disastro totale. A fine 2014 il punteggio era di 137 e a fine 2018 di 162, ossia sopra la sufficienza (e le garantisco che mancano 6-8 punti non trasmessi a Roma dal dipartimento – si fa per dire – tutela della salute). Si veniva da sprechi inenarrabili, consumati ben prima del 2010, che “Non è l’Arena” la domenica e “Report” il lunedì, quasi in fotocopia, ci hanno ricordato impietosamente. Quelle di Scalea e Gerace fanno parte di trenta strutture che le amministrazioni, ora di destra, ora di sinistra, hanno realizzato su pressione dei sindaci, ora di destra, ora di sinistra. La stessa regione, ora di destra, ora di sinistra aveva lasciato in eredità ai commissari, fino al 2015 coincidenti con il Presidente della regione, oltre mille ausiliari, sconosciuti negli ospedali delle altre regioni, centinaia di psicologi e assistenti sociali transitati dalla scuola alla sanità senza concorso, oltre duecento veterinari in convenzione come specialisti ambulatoriali, per eludere i concorsi e favorire gli amici, 150 primari facenti funzione nominati dalla politica senza concorso pubblico. Il fatto che veterinari e primari facenti funzione fossero di tutti i colori politici fa capire che il problema della sanità calabrese era, ed è, culturale prima che politico.
Non commetta, quindi, anche lei l’errore di addebitare al commissariamento i problemi della sanità. È come nascondersi dietro un dito. Il commissariamento è l’effetto, non la causa del disastro della sanità regionale. Lei è la prima donna al timone della Regione, dopo quattro governatori fallimentari, alternativamente di destra e sinistra. Abbiamo il diritto di aspettarci qualcosa di nuovo.
Cerchi di far modificare il Decreto Calabria. Una tassa per la nostra regione, in dignità prima che in termini economici.
Si faccia cambiare il commissario ad acta, che brilla solo per ossequio verso Roma e partecipazione ai convegni della parte politica che lo ha nominato.
Ricostruisca il dipartimento tutela della salute, dal vertice in giù, valorizzando le competenze, anche quelle allontanate dalla sanità, perché non acquiescenti al potere precedente.
Utilizzi alcuni fondi ex art. 20 della L.67/1988 disponibili per investire in assunzioni di brillanti neolaureati, nel settore economico, amministrativo, ingegneristico, informatico e giuridico, come avevo proposto al ministero per iscritto, già nel 2015. Proposta avversata e resa inefficace dalla regione. Questi giovani si vadano a formare nelle aziende, sotto la supervisione del dipartimento. In pochi anni saranno i nuovi dirigenti.
In Calabria sono rimasti buoni medici, infermieri, oss e altri professionisti del settore sanitario che hanno solo bisogno di crescere in quantità e di avere la giusta formazione.
Manca invece una nuova classe dirigente di supporto a quella sanitaria. Il bilancio del Pugliese non porta la firma di un solo esperto in materie economiche. Solo avvocati, amministrativi e medici!
Chieda che venga sciolta la troika prefettizia a Reggio Calabria, inconcludente e quindi dannosa. Il famoso debito dell’Asp di Reggio Calabria, che di fatto nessuno conosce, può riservare sorprese positive. Una commissione composta da tecnici nuovi può indagare sul debito pregresso con efficacia. Io ci ho provato tre volte, ma è sempre intervenuto qualche fatto traumatico o addirittura drammatico a vanificare i primi risultati promettenti. In contabilità a Reggio Calabria esistono debiti già estinti. Ecco perché c’è il rischio di pagare più volte la stessa fattura e nessuno si muove, mentre i beneficiari delle fatture non vogliono che qualcosa si muova. Tutto denunciato alla procura di Reggio.
Intervenga sul sistema dei pagamenti per evitare che somme destinate alle aziende vengano intercettate dai creditori prima ancora che arrivino alle aziende o, addirittura, ai tesorieri aziendali. Ho denunciato questo fenomeno ai presidenti dei vari tribunali, ma non mi risulta che qualcosa sia stato fatto dopo il 2018.
E, soprattutto, dia ascolto a un certo Albert Einstein. Non faccia risolvere i problemi da coloro che li hanno creati.
*commissario ad acta dal marzo 2015 al dicembre 2018.

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