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«In Calabria 4mila metalmeccanici in cassa integrazione, pochi 39 milioni»

Covello (Fiom-Cgil) fa il punto sui sussidi richiesti e giudica insufficienti i fondi stanziati dal governo. «Occhio ai tentativi delle aziende di modificare i codici Ateco per poter ripartire. Ser…

Pubblicato il: 16/04/2020 – 11:36
«In Calabria 4mila metalmeccanici in cassa integrazione, pochi 39 milioni»

CATANZARO Sono oltre 4.000, in Calabria, i lavoratori del settore metalmeccanico collocati in cassa integrazione e fondo di integrazione salariale a causa del corovanirus. Il dato è stato diffuso da Massimo Covello, segretario generale della Fiom-Cgil regionale. Per la prima volta in videoconferenza si è svolto il Comitato direttivo della federazione regionale nel corso del quale sono stati affrontati i temi che stanno caratterizzando l’attività del sindacato, nel pieno dell’emergenza Covid-19. «Il confinamento obbligatorio e la chiusura delle attività non essenziali, resisi necessari per tentare di arginare la pandemia, unito al protocollo tra le rappresentanze sociali ed il Governo, sulla sicurezza sui luoghi di lavoro e i vari decreti legislativi, a supporto economico dei cittadini, dei lavoratori e dell’imprese, sono gli strumenti – spiega Covello – con i quali si sta cercando di arginare il più possibile l’epidemia dilagante». A tal fine, in Calabria, la Fiom-Cgil nei giorni scorsi, «con le modalità consentite dalla legge, ha svolto centinaia di consultazioni con le aziende del settore metalmeccanico, stipulando oltre 300 accordi riguardanti l’accesso ai diversi tipi di ammortizzatore sociale con la causale covid-19. Sono oltre 4.000 lavoratori e lavoratrici, di questo settore industriale, che sono stati collocati in Cigo, Cigs, Fis, Cigd – spiega – a secondo della tipologia di impresa, la maggior parte per 9 settimane e gestiti dall’Inps. Questo dato, collocato nel più complessivo riguardante tutte le categorie del lavoro pubblico e privato, dipendente ed autonomo, mostra – spiega il sindacalista – la drammatica situazione abbattutasi sulla nostra regione già in grave crisi strutturale».
Pertanto «sono da considerare certamente insufficienti i 39 milioni di euro stanziati dal Governo per cassa integrazioni in deroga per la Calabria e occorre immediatamente aprire un confronto serrato al fine di un aumento delle risorse. Anche in Calabria, in questi giorni, non sono stati pochi i tentativi di diverse imprese di incunearsi nelle maglie del Protocollo sicurezza e dei codici Ateco, al fine di venire riconosciuti come “attività essenziale” e poter riaprire. Ciò che intendiamo ribadire – dice il segretario – è che la chiusura è stata determinata per impedire l’esplosione dei contagi, ancor più possibili per l’inadeguatezza dei dispositivi di tutela, per una disattenzione cronica alle norme di tutela del lavoro nel nostro tessuto industriale che considera la sicurezza spesso un costo e non un valore. Pertanto noi continuiamo a sostenere che le riaperture eventuali, considerato che il lockdown è fissato al 3 di maggio, devono avvenire dopo le decisioni del governo assunte col parere delle autorità sanitarie, e la verifica congiunta, rappresentanze sindacali e direzioni, in sede aziendale sulle modalità organizzative assunte in coerenza col protocollo sicurezza e le leggi. Noi auspichiamo – prosegue – che la fase di chiusura, per cassa integrazione, sia utilizzata da tutte le aziende per riorganizzare gli ambienti di lavoro, per rifornirsi di tutti i Dpi, per la previsione costante della sanificazione degli ambienti e per l’uso in sicurezza dei dispenser dell’acqua, dei bagni, degli spogliatoi, delle mense».
A questo scopo, dice la Fiom, «andrebbero rafforzati i controlli delle autorità competenti anche attraverso un rafforzamento degli organici degli ispettorati del Lavoro, dei medici sanitari, ecc., più di quelli sulle strade vuote». Secondo Covello, «per la Calabria sarà ancora più dura di prima perché più deboli e gracili sono le sue strutture politiche, sociali, produttive, istituzionali, di servizi e pertanto si avverte il pericolo che prevalgano egoismi e derive di degrado e di marginalizzazione». Per questo, conclude, «la Presidente Santelli e la sua Giunta non devono pensare di essere autosufficienti e costruire un confronto serrato e concreto con tutti gli attori sociali per il bene della regione».

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