ROMA «Nell’Italia del dopo virus avrà un’importanza decisiva il contrasto ai patrimoni di provenienza illecita, con il sequestro e la confisca dei beni, ma anche con altri strumenti più articolati che tengono conto delle mille sfaccettature che il rapporto mafia/impresa può avere». Lo scrive sul quotidiano La Stampa, Giuseppe Pignatone, ex procuratore di Reggio Calabria e di Roma, ora presidente del Tribunale Vaticano. «La possibilità di sequestrare e confiscare, anche solo sulla base di un giudizio di pericolosità sociale, senza prima ottenere una sentenza penale di condanna, beni e attività economiche illecitamente acquisiti dagli indiziati di appartenere a organizzazioni mafiose fu introdotta – osserva Pignatone – dalla Legge Rognoni-La Torre, approvata il 13 settembre 1982, pochi giorni dopo l’omicidio del prefetto Dalla Chiesa». «Resta dunque prioritario – sottolinea – l’obiettivo di potenziare la confisca dei patrimoni illeciti, e mafiosi in particolare, ma è anche necessario usare strumenti più articolati per recuperare le aziende a rischio di infiltrazione o di condizionamento mafiosi, che pero non ne siano pregiudicate nella loro sostanziale integrità e siano intenzionate a rimuovere i presupposti di quel pericolo». «Specie nella fase di crisi economica che si prospetta per il nostro Paese – conclude Pignatone – è interesse generale evitare ogni ingiustificata distruzione di ricchezza e la perdita di posti di lavoro, offrendo alle attività imprenditoriali insidiate dalla mafia – ogni volta che ce ne siano le condizioni – l’opportunità di rientrare nel mercato in condizioni di legalità».
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