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Precari fuori Calabria, l’appello alla Santelli: «Fateci tornare»

La lettera di una giovane calabrese bloccata a Milano, Claudia Greco, alla presidente della Regione: «Non riusciamo più a pagare l’affitto, situazione sempre più insostenibile »

Pubblicato il: 19/04/2020 – 19:23
Precari fuori Calabria, l’appello alla Santelli: «Fateci tornare»

«Fateci tornare a casa. Sono due mesi che siamo chiusi in situazioni non confortevoli, che paghiamo affitti senza lavorare, chiedendo una mano alle famiglie che hanno già ingenti problemi. Dateci la possibilità di rientrare». È l’accorato, disperato appello che una giovane calabrese al Nord, Claudia Greco, rivolge al presidente della Regione Jole Santelli. E’ una storia, quella di Claudia, condivisa anche da tanti altri corregionali – precari fuori Calabria – che hanno avuto la forza di non rientrare all’epoca del primo, contestato, “contro-esodo” di massa ma che adesso chiedono un segnale di riconoscenza alla loro terra di origine.
«Sono Claudia, ho 28 anni e vivo a Milano con il mio compagno. Studio per acquisire una laurea magistrale e lavoro come insegnante di sostegno part time in una scuola primaria (ho quindi ritardi nelle remunerazioni da diverso tempo essendo una supplenza breve e temporanea). Il mio compagno è un musicista, quindi precario, come tutti i lavoratori dello spettacolo, e con un blocco totale a livello lavorativo da quando è iniziato il lockdown». Esordisce così, Claudia, nella sua lettera alla governatrice Santelli, lettera che sta facendo il giro dei sociali e delle redazioni. «Viviamo chiusi in un monolocale di 40 mq scarsi da 54 giorni, con un “letto” soppalcato, cioè un materasso a terra ed una cucina ad induzione da campeggio per la modica cifra di 900 euro al mese. Il 2 maggio – ricorda Claudia – scade il nostro affitto temporaneo. Saremmo dovuti rientrare prima, ma abbiamo richiesto la proroga dell’affitto lo scorso mese per non creare alcun danno alla nostra amata terra, nonostante avremmo comunque rispettato la quarantena andando in isolamento domiciliare nella mia casa a mare. Ci hanno espressamente detto – scrive ancora la giovane calabrese – che questo non è un motivo valido per rientrare a casa, in Calabria, il 3 maggio. Ora le chiedo, quale è allora la motivazione giusta per non incorrere in blocchi e sanzioni?».
Per Claudia, il suo compagno e per tanti altri come loro la situazione è ormai insostenibile. «Non abbiamo più la possibilità di mantenere un affitto qui, e soprattutto sono 54 giorni che viviamo in questa situazione di disagio, soprattutto a livello psicologico. Dobbiamo essere costretti a vivere in mezzo ad una strada, secondo lei? Le chiedo – afferma ancora rivolgendosi alla presidente della Regione – di dare la possibilità di rientrare a tutte le persone che vivono in queste condizioni, a tutti quei fuorisede che hanno perso il lavoro, a tutti gli studenti e lavoratori precari che hanno famiglie che non riescono più a far fronte alle spese di sostentamento e di affitto, a tutti i ragazzi che sono chiusi in topaie e stanze di 20 mq soli e lontani da ogni affetto. La quarantena non è uguale per tutti e ha effetti devastanti su ognuno di noi, soprattutto le persone più fragili, a livello psicologico e sociale. Sono 54 giorni che rispettiamo ogni singolo decreto, senza controbattere. Non abbiamo fatto la scelta affrettata di rientrare giù quel maledetto 5 marzo, come tanti per paura hanno fatto, per tutelare la nostra amata terra. Ma ora la nostra terra non può voltarci le spalle, non può voltarsi indietro e lasciarci soli». «Mi auguro di ricevere una risposta. Cordialmente», così conclude Claudia Greco, ragazza di Calabria.

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