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Lamezia, il «carro funebre circondato» prima del "funerale shock" nel quartiere dei rom

Parla il titolare della ditta: «Il mezzo doveva passare senza fermarsi davanti a casa del deceduto ma è stato fermato dalla folla e la bara è stata portata dentro». Si riapre il tema dell’integrazi…

Pubblicato il: 20/04/2020 – 19:39
Lamezia, il «carro funebre circondato» prima del "funerale shock" nel quartiere dei rom

di Alessia Truzzolillo
LAMEZIA TERME Armando aveva 51 anni, era di etnia rom, giovanissimo aveva sposato una ragazza “italiana” (come i rom definiscono chi non appartiene alla loro stessa etnia) e aveva un lavoro regolare in una ditta di ortofrutta. Tutti quelli che lo conoscevano oggi dicono che mai Armando avrebbe voluto essere la causa dei disordini che la sua morte ha scatenato in questi tempi di necessarie restrizioni. Per uno come lui, sempre rispettoso delle regole, dare problemi sarebbe stato un grosso dispiacere. Armando è morto per un malore sul luogo di lavoro la sera del 16 aprile. Trasportato in ospedale dal proprio datore di lavoro, è deceduto appena giunto al Pronto soccorso. Il 17 aprile c’è stata la benedizione del defunto nella casa funeraria Vescio e il 18 mattina la salma avrebbe dovuto essere trasportata dalla casa funeraria direttamente al cimitero per la tumulazione. Per le esequie era stata incaricata la ditta di pompe funebri Vescio. Il problema si è creato il 18 aprile quando la bara è stata trasportata nel quartiere “Ciampa di Cavallo”, una struttura popolare nel cui cortile c’era un forte assembramento di persone. Il quartiere ha forma semicircolare con un piazzale al centro, ci vivono quasi esclusivamente rom, parecchi dei quali portano avanti le stesse attività, con qualche comfort in più, che si svolgono nella baraccopoli di Scordovillo. Ad attendere la bara, un assembramento di decine di persone,  la maggior parte senza mascherina. Il video di quell’assembramento (lo ritrovate qui sotto) ha fatto in poche ore il giro del web e delle chat, finendo sulle reti nazionali. Armando abitava a “Ciampa di cavallo” e ora la Polizia sta cercando di capire perché sia stato portato nel quartiere rom, da chi sia partita l’iniziativa e le responsabilità della ditta che aveva in carico il trasporto della salma. Verranno, inoltre, individuate le persone che hanno partecipato all’assembramento e si deciderà chi dovrà essere posto in quarantena. Le ipotesi di reato che si potrebbero configurare, se non emerge altro, sono quelle sul tema delle violazioni della quarantena.
LA VERSIONE DELLA DITTA Gli interrogatori delle persone informate sui fatti, compreso il titolare e un dipendente dell’impresa Vescio, sono già iniziati. Secondo il rappresentante legale della ditta, Alfredo Vescio, raggiunto telefonicamente dal Corriere della Calabria, era previsto che il carro funebre facesse un passaggio lento, senza fermarsi, davanti alla casa del defunto, una sorta di “saluto” prima di arrivare al cimitero. Una volta arrivati davanti al quartiere, però, l’auto sarebbe stata circondata da persone che hanno preso la bara per portarla fino al primo piano, dove abitava il defunto, e poi di nuovo nel cortile. «Il tutto – ci dice Vescio – sarà durato al massimo cinque minuti, il mio dipendente era da solo e non poteva contrastare quella folla, così, visto che io ero ammalato, ha chiamato mio padre che è subito intervenuto ma ormai era troppo tardi». Una versione che il dipendente ha fornito anche agli investigatori e che ora dovrà essere verificata.
GESTIONE ROM Resta un problema di fondo: gestire l’ingestibile comunità rom. Perché sui rom a Lamezia si interviene sempre dopo, quando sono necessarie le misure repressive. Nessuna amministrazione è mai intervenuta prima. Non conviene, basti pensare che il popolo rom è anche un popoloso pacchetto di voti al quale ambisce ogni campagna elettorale. Basti pensare che solo due giorni fa un uomo di etnia rom è stato portato in Pronto soccorso per fare un tampone. Dietro di lui un codazzo di poco meno di dieci persone in perfetto assembramento.
SCACCO ALLE REGOLE Risale al 13 novembre 2019 l’operazione antidroga “Scacco alla Regina” condotta dalla Guardia di finanza, e coordinata dalla Procura di Lamezia Terme, proprio a “Ciampa di cavallo” dove sono stati coinvolti anche minori di 14 anni. In quell’occasione il procuratore di Lamezia Salvatore Curcio non usò mezzi termini nel constatare che gli interventi repressivi «non sono interventi risolutivi. Le problematiche sono demandate all’adozione di provvedimenti, necessari, da parte della politica e della pubblica amministrazione». Ma l’ultima volta che un esponete politico si è visto a “Ciampa di cavallo” è stato il 30 ottobre 2019, durante le ultime elezioni amministrative, quando l’attuale sindaco Paolo Mascaro, è andato a incontrare gli abitanti del quartiere per “dialogare sulle tante criticità che affliggono i residenti”. Dopo l’assembramento, sentito dal Corriere della Calabria, il primo cittadino ha affermato che «l’amministrazione è presente in ogni ambito in cui ha competenza per intervenire. Poi vi sono ambiti di intervento in cui il Comune, invece, non ha alcuna competenza». Ma nell’ambito specifico del vietare assembramenti l’amministrazione ha competenza eccome, essendo il primo cittadino anche autorità sanitaria in periodi di emergenza, senza contare che anche la Polizia Municipale ha il compito di reprime ogni forma di assembramento. Risale al 3 aprile scorso, per esempio, l’ordinanza numero 136 con la quale si fa espresso divieto fino al 13 aprile 2020 dell’accesso al pubblico dei tre cimiteri comunali presenti sul territorio comunale. Un’ordinanza che presenta delle eccezioni: dei cortei funebri formati solo ed esclusivamente dai parenti prossimi del defunto, purché conformi alle norme di distanziamento sociale e privi del carattere di assembramento; la presenza in forma riservata dei parenti prossimi del defunto durante le operazioni di sepoltura. Non viene specificato cosa si intenda per “parenti prossimi” (con moglie, figli, genitori, fratelli già si può raggiungere un numero ragguardevole di persone, soprattutto in famiglie numerose come quelle rom). Un’ordinanza che, messa così, va a cozzare con il Dpcm dell’otto marzo scorso il quale ribadisce in ben due passaggi: «Sono sospese le cerimonie civili e religiose, ivi comprese quelle funebri».
ROM, ARGOMENTO SCOTTANTE Il testimone di giustizia Rocco Mangiardi lascia su Facebook un ricordo delicato di Armando: «Due notti or sono, mentre lavorava, è morto un essere umano che conoscevo, si chiamava Armando, era di etnia Rom, egli non era un poco di buono, non era un criminale, ma si ammazzava di lavoro. Così è morto: lavorando! Non siamo tutti uguali esistono i buoni ed esistono i cattivi. Armando faceva parte di questi primi. Parlo di lui stasera perché di lui ho ricordi semplici, belli e indelebili. Voglio qui ricordarlo, poiché egli veniva nel mio negozio, non per chiedermi, il “pizzo”, come hanno fatto alcuni italiani “ndranghetisti”, ma per comprare e pagare quel che gli serviva acquistare. Diventammo amici e un giorno mi chiese di battezzare un suo figliolo, e lo feci con entusiasmo».
L’argomento rom a Lamezia, dove esiste una delle comunità più numerose d’Italia, è divisivo. Gran parte della comunità non si è ancora integrata con la popolazione, e viceversa, e vive di espedienti spesso illeciti. Ci sono esempi positivi come quello di Armando, e non solo, ma senza un intervento deciso e controllato da parte delle amministrazioni, che si interessino del fenomeno non solo in campagna elettorale, rom e “italiani” resteranno su barricate opposte.
«Purtroppo ai rom di Lamezia troppe illegalità sono state e continuano ad essere consentite! Chiamatemi pure “razzista” ma i rom di Lamezia sono dei criminali!», scrive l’ex parlamentare Angela Napoli sulla pagina Facebook del consigliere comunale Rosario Piccioni. La Napoli ha poi fatto una repentina marcia indietro, rendendosi forse conto della troppo facile generalizzazione, chiedendo a Piccioni di eliminare, se lo desiderava, il suo post. La Napoli mette poi di nuovo i puntini sulle “i” in commento al post di Rocco Mangiardi: «Rocco, io non mi sono permessa di parlare del defunto, che, come tale va comunque rispettato. Continuo, però, ad essere convinta che senza distinzioni di razza e di etnie, tutti, dico tutti, dovrebbero rispettare la legge e ricordarsi che in Italia oltre 10.000 defunti per coronavirus non hanno avuto la possibilità di essere accompagnati dai propri parenti all’ultima dimora». Quel «ma i rom di Lamezia sono dei criminali!» però pesa. È un pensiero facile e viscerale diffuso. Troppe volte vengono chiusi gli occhi sul difficile rapporto tra rom e “italiani” (lo avevamo raccontato qui) e questo e fomenta gli animi. Forse perché è più conveniente e valida la massima “divide et impera”. (a.truzzolillo@corrierecal.it)
https://youtu.be/imx30JHOnYg
 

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