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«Il modello Calabria per un futuro sostenibile»

di Franco Rossi*

Pubblicato il: 25/04/2020 – 12:57
«Il modello Calabria per un futuro sostenibile»

Siamo di fronte all’inaspettato: pensavamo di aver definito un modello ormai consolidato regolato da parametri certi quali la qualità della vita, la sua organizzazione sociale, quella spaziale degli insediamenti, e invece improvvisamente ci si accorge che non controlliamo più nulla nell’istante in cui improvvisamente la biologia compie la sua rivolta.

Franco Rossi

La portata della crisi impone una risposta collettiva e coordinata, sul piano globale. In un momento in cui metà della popolazione mondiale è isolata e una parte del mondo è priva di adeguate strutture sanitarie indispensabili per affrontare la pandemia e le sue conseguenze, ciascuno deve fare la sua parte nel tentare di definire azioni, politiche, investimenti su i territori coinvolgendo le popolazioni.
Bisognerà capire. Tuttavia si è dimostrato di essere capaci di interpretare il cambiamento con una velocità che in molti casi ha sorpreso molti. Si sono messi in moto sforzi d riorganizzazione ed avviati processi di innovazione sia nelle imprese che nei laboratori di ricerca.
Si sono messi in moto riflessioni, procedure, sostegno finanziario per offrire sevizi nel tentativo di rilanciare in tempi brevi processi di ripresa ed innovazione.
In tale quadro, la Regione Calabria può svolgere una funzione di laboratorio innovativo di non poco conto. La Calabria sostanzialmente rimane caratterizzata da un sistema di centri di piccole dimensioni, immersi in una matrice ambientale/paesaggistica pressoché intatta, dove si respira aria pulita, si mangiano prodotto sani, si mantiene il contatto con la natura, si intrattengono relazioni di vicinato.
La Regione Calabria si trova nelle condizioni di prospettare un modello economico/sociale capace di fornire risposte e soluzioni alla crisi dei modelli insediativi fin qui praticati e messi in crisi dal Coronavirus.
Il cambiamento imposto dal Covid/19 appare a ciascuno di noi come una sofferenza difficile da sopportare in un particolare momento in cui i nostri riferimenti culturali, scientifici, tecnologici, sociali, la globalizzazione, il mercato, insomma tutto ciò che fino a ieri erano le certezze del nostro futuro sono venute meno.
Ci troviamo di fronte ad una situazione imprevista, inattesa, sconosciuta rispetto alla quale rimane difficile riorganizzare quello che ormai rimane e rimarrà sospeso ma diventa necessario ripensare a nuove, diverse, inedite relazioni sociali ed economiche, organizzazioni territoriali e politiche.
L’avvio di tale processo non vi è dubbio che debba essere guidato e diretto dai Comuni che possono diventare il perno di tale processo.
Il Covid-19 non conosce confini. La crisi è globale e i disequilibri sociali che si vanno accentuando nel mondo sono un boomerang che in tempi brevi torneranno indietro e produrranno effetti dannosi per tutti. Nessun Paese sarà salvo se il virus non sarà sconfitto. Per gestire l’emergenza sanitaria globale è necessario concentrare gli sforzi sui settori cruciali, attraverso programmi di rafforzamento della salute, dell’igiene, dell’istruzione e di sostegno alle reti di protezione sociale. Investire nelle strutture per la salute, un investimento per il nostro futuro e il nostro benessere. Con i livelli di mobilità della società attuale, anche quando avremo sconfitto il virus nel nostro Paese, dovremo evitare i contagi di ritorno e ciò è possibile solo se sosterremo tutti i territori nella lotta al Covid-19.
Il quadro delle responsabilità che si devono assumere nel pieno e nel percorso per il superamento della crisi sanitaria è profondamente mutato nelle gerarchie e nelle urgenze, ma forse non è mutato negli obiettivi. Oggi serve garantire protezione civile, infrastrutture ospedaliere e sanitarie, servizi essenziali, trasporti sicuri ed efficienti e piattaforme in grado di garantire tutti i servizi on line anche quelli per i quali ancora non ne conosciamo le modalità.
Il governo del territorio inteso come “regolazione” dei rapporti tra pubblico e privato viene messo da parte e le conseguenze economiche del Covid-19, di cui le più evidenti sono già oggi l’accumulo di debiti pubblici e privati, e quelle attese sono l’aumento delle povertà e delle diseguaglianze sociali e territoriali, prefigurano la necessità di costruire una regia pubblica con al centro la gestione delle crisi a cui siamo sottoposti con frequenze sempre più ravvicinate.
Nella stagione della quarantena segnata da una assenza di spazio pubblico che si è ritirato/ricostruito nello spazio privato, l’insieme delle dotazioni urbanistiche, a maggior ragione, tenendo conto della bassa qualità delle abitazioni, necessita di essere ripensato a partire dalle modalità di accesso ed uso e dal loro rapporto con la forma della città. che prefigura diverse relazioni dei piccoli centri delle aree interne.
Il significato di “urbanità” va reinterpretato, dunque, attraverso i mezzi di comunicazione e trasporto, una riflessione quanto mai attuale in queste settimane. Se la tecnologia ha permesso una sorta di annientamento delle distanze fisiche tra le persone – nel bene e nel male – in un momento di isolamento forzato ci saziamo troppo in fretta di contenuti e relazioni virtuali, rimpiangendo la dimensione sociale, fisica, umana non solo del rapporto con gli altri, ma anche del nostro rapporto con il contesto urbano.
Guardiamo strade, piazze e giardini dalle finestre e sono paesaggi statici, immobili, svuotati di quella caotica vita che, in condizioni ordinarie, li caratterizza e vi attribuisce significato.
Tutto però non è da mettere da parte o buttar via. Il nostro Paese è stato da sempre un reticolo di Centri culturali e ricreativi connessi strettamente alle storie ed alle identità delle sue tante città e centri urbani.
Il virus ha però messo in evidenza le diseguaglianze esistenti determinando e creando perfino delle nuove.
Un’attenzione particolare dovrà essere prestata alla comunicazione per far conoscere a un pubblico ampio i risultati dell’azione che verrà messa in atto dimostrandone l’efficacia e i benefici reciproci. Ciò, per favorire un più ampio consenso, un più forte sostegno politico e un’accresciuta consapevolezza del valore della cooperazione tra i diversi attori per contribuire alla lotta contro il virus su scala globale.
I borghi calabresi rappresentano una ricchezza e un modello insediativo capace di dare risposte positive alla crisi di identità che i centri urbani stanno subendo in questa condizione di crisi.
Sollecitare dal basso, dentro la comunità locale, le istituzioni e gli stakeholders a guardare, con occhi nuovi, il territorio come insieme di borgo e campagna interconnesso quale ecosistema integrato e sostenibile. Da una impostazione di questa natura potrebbe partire un percorso che vedrà coinvolti i territori e dovrà essere indirizzato a sperimentare azioni e strategie su vari fronti, quali: l’agro-ecologia, la green economy e l’economia circolare, la mobilità dolce e il turismo responsabile, la gestione sostenibile delle acque urbane e le energie rinnovabili.
Nel momento in cui le città si fermano, ai loro abitanti, compresi nei gusci delle case, degli appartamenti o dei posti di lavoro, è concesso un movimento diverso, quello del pensiero, dei sentimenti e delle idee. E proprio tale movimento immateriale in ogni epoca ha alimentato le rinascite urbane dopo le crisi.
La Calabria si potrebbe candidare a svolgere il suo ruolo nel panorama europeo, con serietà, competenza, strumenti e capacità propositiva.
Al vuoto gestionale e progettuale che ha caratterizzato il passato e alle fasi di emergenze (urbanistiche, idrogeologiche, ambientali, economiche e sociali) che hanno dettato le regole del governo del territorio, potrà contrapporsi un modello di gestione della Regione finalizzato a garantire realmente la messa in essere di procedure sostenibili.
Approfondire le riflessioni sull’ambiente e sul paesaggio costituisce uno dei modi attraverso cui interrogarsi sul mondo, la vita, il futuro delle nostre comunità perché il paesaggio racchiude in sé non solo il segno dell’uomo, del suo agire, del suo rappresentare o rappresentarsi, ma anche la forza e la violenza della natura.
Il paesaggio, pur rappresentando sempre una dimensione spaziale e contemporanea della realtà, è traccia del modo di costruire il territorio delle popolazioni che ci hanno preceduto e, allo stesso tempo, contiene il possibile futuro dei nostri territori.
Il paesaggio è l’unico strumento di racconto della contemporaneità capace di descrivere la realtà senza doversi soffermare sugli oggetti che la compongono. Il paesaggio ha la capacità d’essere radicato nel presente, costituisce l’esito, per qualunque luogo, della costante contrapposizione tra quello che era e che sarebbe potuto essere, tra quello che è e che non è riuscito ad essere, tra quello che è e che potrebbe essere.
In tale quadro la Calabria ed i suoi paesaggi si possono candidare a dare un contributo.

*ex assessore regionale all’Urbanistica

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