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«Un "Bella ciao" contro l'invasore Covid»

di Ettore Jorio*

Pubblicato il: 25/04/2020 – 15:10
«Un "Bella ciao" contro l'invasore Covid»

Non ricordo se due o tre anni fa riflettevo con il mio amico Paolo Pollichieni, con il quale intrattenevo siffatto genere di ragionamenti fondati sul simbolismo che sia andava via via va perdendo, sulla importanza della ricorrenza dei numeri, della loro cadenza. Su tutti, ragionavamo su quattro date divise in due periodi. Il primo quello invernale rappresentato dal 25 dicembre e dall’1 gennaio, rispettivamente celebrativi del Natale e del primo dell’anno. Il secondo quello primaverile, più esattamente del 25 aprile e dell’1 maggio, significativamente celebrativi della Liberazione e della Festa dei lavoratori.
Due frazioni di tempo diverse, anche per gradi centigradi, ma produttive di felicità, ancorché di portata e influenza diverse. Una appartenente di più alle famiglie riunite e soprattutto ai bambini. L’altra alla Nazione (e non allo Stato cui qualcuno erroneamente si riferisce piuttosto che alla Repubblica) e alla dignità dei cittadini, che la compongono, conseguibile prioritariamente con il lavoro. Due periodi che hanno entrambi i loro inni, ambedue commoventi e attrattivi di una simpatia planetaria: «Tu scendi dalle stelle» da cantare avanti al presepio, meglio se napoletano, oppure «Merry Christmas» di fronte al simbolo natalizio più internazionale: l’albero; «Bella Ciao» oramai divenuta da quest’anno ovunque, forse perché aiutata in questo dalla arcinota fiction televisiva «La casa de papel», il canto della libertà da qualunque oppressione. Tutti la declinano, in stupendi concerti ovvero dal balcone di casa, per urlare il desiderio di affrancarsi da chiunque e da qualunque catena. È divenuta quasi una preghiera di ringraziamento per le libertà conseguite con il sacrificio di chi ha contribuito a sconfiggere l’aggressore fascista esaltando la vittoriosa lotta condotta dalla Resistenza che ha contribuito alla generazione della Repubblica italiana, della quale tutti godiamo.
Oggi la ricorrenza del 25 aprile, ma dico io perché no quella del primo maggio, ha assunto un altro non secondario ruolo: quello di esercitare una funzione scaramantica e bene augurante nei confronti del Covid-19. Quasi ad utilizzare questo importante cantico popolare come simbolo anticipatore della sconfitta dell’epidemia da coronavirus. Occorre farlo e forte perché questo inesorabile nemico sta mettendo in forse le nostre libertà, che dobbiamo difendere. Quella del lavoro, senza il quale non è possibile andare avanti e senza il quale si rischia di perdere ogni dignità umana, pena il disonore sociale. Quella di intrattenere i rapporti cui eravamo abituati, dallo stringerci la mano, dallo stare insieme incondizionatamente, dall’abbracciarci, dal mescolare i corpi delle madri con quelle dei loro figli. Quella della economia indispensabile per guadagnare autonomia e ciò che occorre alla vita. Quella di esprimersi secondo religione, ideologia e appartenenze con la frequentazione ad hoc occorrenti.
Insomma, un «Bella ciao» che rappresenti l’augurio e il simbolo di guerra che la comunità dichiara ad una pandemia che sta cercando di imporre comportamenti e sacrileghe dipendenze nei confronti della quali in tanti hanno lottato per guadagnarli, arrivando a perdere per esse la cosa più importante: la loro vita!
Una mattina mi sono svegliato e ho trovato l’invasore…

*docente Unical

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