LAMEZIA TERME «Non recupereremo mai il tempo perso e il tempo perso è servito a poco perché i Tribunali hanno lavorato con i cosiddetti presìdi. Il 90% e più dei dipendenti sono rimasti a casa: chi per malattia, chi per prevenzione, chi per ferie e altro. Se non ci sono i cancellieri è molto difficile caricare a sistema i provvedimenti, è difficile scaricare le istanze degli avvocati e via dicendo». Antonello Talerico, presidente dell’Ordine degli avvocati di Catanzaro, pensa che l’emergenza sanitaria diventerà anche emergenza giudiziaria. Nell’ultima puntata di 20.20, il legale fa il punto su quasi due mesi di lockdown e il loro effetto su un sistema già molto stressato. E parte dall’esame del processo di lavoro. «Dovrebbe terminare in pochissimo tempo (generalmente la media era di un anno, un anno e mezzo): adesso stanno arrivando dei rinvii – e questa è una cosa gravissima – di un anno: cioè l’udienza che si doveva tenere domani viene rinviata a distanza di un anno. Questo fa comprendere come la pandemia inciderà notevolmente, un’incidenza incalcolabile in termini di lungaggini processuali o di accumulo dell’arretrato».
Non tutti i dati sono così drammatici: «Sui processi penali – spiega Talerico – i rinviii sono più contenuti nel tempo, il problema è che c’è molta confusione e mancanza di coordinamento. E, come abbiamo visto in questi giorni, vengono scarcerati dei boss sulla scorta di una documentazione sanitaria – punto interrogativo – mentre invece non si scarcerano altre posizioni che avrebbero probabilmente meritato un accesso alla detenzione domiciliare. E questo non avviene perché non abbiamo i braccialetti, anche se abbiamo approvato una norma che li prevede. C’è bisogno di una riforma, ma non è quella che propone l’attuale ministro, perché per farne una c’è bisogno di sentire chi in Tribunale ci va».
Talerico affronta anche il tema del processo da remoto e delle resistenze incontrate rispetto a questa soluzione. «A livello nazionale – dice – non è stato ben accolto, né dalla magistratura né da parte dell’avvocatura. A parte le comprensibili osservazioni delle Camere penali sull’impossibilità di smaterializzare il processo, ritengo che in alcuni casi il processo da remoto sarebbe stato utile per tutti. Quante volte siamo stati in Corte d’appello per tre o quattro ore per poi dire al giudice “mi riporto a quanto già precisato nei miei scritti”? Oggi questo lo possiamo fare con una nota depositata telematicamente in tre minuti. L’ostilità, in molti casi, nasce dal problema di doversi adeguare a una novità».
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