Purtroppo qualcuno, a corto di fondati argomenti, sta cercando di trasformare in gazzarra un dibattito di alto livello sul sistema costiero calabrese, messo in piedi grazie anche alla sensibilità del Corriere della Calabria, e per evitare passi indietro sui risultati ottenuti presso l’opinione pubblica è opportuno rimettere le cose sui giusti binari di merito e di metodo.
Se qualche mese fa gli operatori culturali ai quali ci rivolgevamo (vedi l’intervento del 15 novembre 2019) avessero accolto il nostro affettuoso invito a ragionare pacatamente sulla grande questione del “restauro del territorio calabrese” avrebbero dovuto convenire, compulsando i rapporti dell’Ispra sul consumo di suolo e le linee guida del Ministero dell’Ambiente sul fenomeno dell’erosione costiera di cui proponevamo lo studio, che il degrado dei paesaggi e degli ecosistemi della nostra regione è strettamente correlato alla smodata, e non giustificata da esigenze sociali, crescita continua dell’urbanizzato, dai ponti d’oro messi a disposizione della circolazione automobilistica a scapito dell’esistenza stessa dei luoghi. L’impermeabilizzazione dei suoli è una tragedia nazionale, gravida di conseguenze immani non solo sul piano ambientale: le inutili colate di cemento, come quelle che si abbattono sul delicatissimo e mobile assetto naturale delle spiagge, bisognoso di spazi d’agibilità dunali e retrodunali piuttosto che di irrigidimenti, costano moltissimo al contribuente perché, per restare sull’esempio, i danni delle mareggiate tengono sempre aperti i rubinetti della spesa pubblica. Quante volte è stato ricostruito il lungomare di Caulonia? Quant’è costato riparare il lungomare di Davoli quando la prima mareggiata nel suo primo anno di vita ne ha distrutto un bel pezzo? Si moltiplichino domande del genere applicandole a tutti i 780 chilometri costieri della Calabria e si comincerà a capire come mai negli ultimi decenni in Italia è stato definanziato il sistema sanitario e come si è costruito il debito pubblico che si ritrovano sulle spalle le giovani incolpevoli generazioni. Chi si pone, senza personali tornaconti di qualsiasi tipo e con il solo intento di difendere beni comuni come il paesaggio e le spiagge, di fronte al difficile compito di progettare la gestione delle aree prossime al mare dovrebbe innanzitutto conoscere i risultati del convegno di Tangeri (gli atti sono scaricabili qui: http://www.ciesm.org/online/monographs/Tanger.html) del 2002, organizzato da Ferdinando Boero nell’ambito delle attività della Commissione per il Mediterraneo, che sul problema dell’erosione costiera hanno fornito un’indicazione univoca, dopo giorni di dibattiti tra i migliori specialisti di tutto il mondo: occorre rinaturalizzare i territori litoranei, soprattutto a ridosso delle zone sabbiose.
Il Laboratorio territoriale (si rassegni chi pur conoscendo bene alcuni di noi incorre in cadute di stile e frasi scomposte) non è né fantomatico né animato da soggetti balzani se il suo contributo alla definizione del progetto denominato “Parco a mare”, e approvato dalla precedente amministrazione di Condofuri, ha ricevuto il sostegno e l’apprezzamento di personalità come Carlo Rovelli, Salvatore Settis e Piero Bevilacqua. Dispiace, certo, che anche un solo uomo di cultura si possa trovare al fianco di chi, invece di rapportarsi in maniera responsabile alla crisi ecologica in cui si dibatte l’umanità , di ispirarsi alle esperienze amministrative virtuose sul fronte delle politiche ambientali, decide di riproporre ricette obsolete, superate dalla storia e ormai persino in contrasto con la legislazione vigente, le stesse ricette che hanno reso difficile il futuro turistico ed economico della Calabria. Ma di più dispiace un malanimo espresso attraverso informazioni del tutto false che rilanciano l’inaccettabile clima di scontro, imbastito su un’assurda caccia al nemico farcita di vittimismo, messo in piedi dal Sindaco Russo per far diventare la nostra richiesta di democratico dibattito una bega da cortile. Il progetto del Comune di San Lorenzo denominato “Completamento del lungomare” non è rispettoso della normativa vigente, riesce al contrario a violare ben tre leggi molto importanti, e per una di queste violazioni, che ha generato interrogazioni parlamentari, l’intervento dell’Agenzia per la Coesione territoriale, dei dirigenti regionali del Settore Parchi e Aree protette e dell’Ufficio Via, si son dovuti fermare i lavori del cantiere, irregolarmente avviato e responsabile di ingenti danni ambientali.
Le altre due violazioni, l’una del Codice del Paesaggio del 2004 e l’altra del Qtrp Calabria del 2016, hanno determinato il parere contrario della Soprintendenza, che il Comune ha trattato come carta straccia approfittando di un ritardo burocratico. Se si afferma che abbiamo condotto una battaglia volta a bloccare i lavori di completamento del lungomare di San Lorenzo si inganna la gente confondendo le lucciole con le lanterne e obliando il nostro mai dismesso atteggiamento propositivo: abbiamo invece tentato di interagire con il Sindaco Russo molto prima che il progetto del Comune fosse presentato, per ragionare su un intervento al passo con i tempi, rispettoso delle leggi, capace di riconoscere gli errori delle politiche del passato e di realizzare una passeggiata a mare in un ameno polmone verde, da ottenere ripristinando la storica presenza di tamerici abolita nei precedenti autolesionisti decenni (esiste la registrazione integrale di un incontro pubblico del 22 aprile 2017 nel corso del quale l’allora funzionario di zona della Soprintendenza raccomandava al primo cittadino di aprirsi a una progettazione partecipata e di abbandonare la volontà di completare un’opera banalizzante del 2001, a quel punto contra legem, che avrebbe reso inevitabile un suo parere contrario). Ma il sindaco ha risposto con un’azione esasperata in cui si è assunto, come abbiamo già scritto, il binomio cura dell’ambiente e del paesaggio = mancato sviluppo in funzione di appello demagogico agli strati meno informati della popolazione, e in più di un’occasione, nel corso di conferenze stampa e convegni, ha trattato con arroganza e aggressività alcuni rappresentanti del Laboratorio territoriale, mentre il contrario non è mai avvenuto. Sul lungomare di San Lorenzo questa testata ha ospitato una serie di opinioni qualificate, per esempio quelle espresse dall’ ingegnere dell’Ispra Filippo D’Ascola e dal professore di Pianificazione e progettazione urbanistica del Politecnico di Milano Paolo Pileri, e una nostra lettera aperta al Sindaco firmata da centinaia di intellettuali di tutta Italia; a questi testi rimandiamo il lettore che magari si è invece accostato alla questione attraverso quella fuorviante invettiva da cui abbiamo preso le mosse, buttata giù senza alcuna cognizione di causa (dove si legge, tra l’altro, l’attribuzione dell’erosione costiera abbattutasi sul litorale di San Lorenzo al porto di Saline Joniche, dannosa infrastruttura del 1974 collocata in un’unità fisiografica diversa.
A San Lorenzo si è invece registrata un’impennata del fenomeno dal 2000 al 2016 – 65 metri nello spazio di soli tre lustri – gli anni della costruzione di una strada asfaltata, dell’impianto di stabilimenti balneari con edifici permanenti e blocchi di cemento; anni in cui, prima di ogni stagione estiva, le amministrazioni comunali e gli stessi gestori dei lidi hanno alterato le morfologie naturali della spiaggia, distruggendo gli embrioni delle dune, con i mezzi meccanici adibiti alla pulizia e al perseguimento di distese di sabbia pianeggianti). Chi studia invece il fenomeno turistico occupandosene scientificamente sa da tempo che una volgare strada per il traffico veicolare e un ettaro fuorilegge di asfalto impermeabile non possono diventare “volano di sviluppo” e “opera strategica” come ha sostenuto il Sindaco di San Lorenzo: l’attrattività dei territori, e quindi il loro futuro economico, è ormai generalmente considerata una conseguenza della loro specificità anche dagli operatori del settore. Uno dei principi su cui si fonda l’Agenda 21 per l’industria del turismo, redatta fin dal 1995 dall’Organizzazione mondiale del turismo, è così declinato: il turismo deve contribuire alla conservazione, alla protezione e al ripristino degli ecosistemi. I rapporti annuali della Società geografica italiana, dal canto loro, rilevano che da qualche tempo … al modello di turismo omologante dei luoghi, a lungo dominante, va sostituendosi un’offerta sempre più orientata verso la promozione degli aspetti culturali del territorio, intesi in senso ampio… Pertanto l’attenzione … è indirizzata anche verso le risorse ambientali e paesaggistiche e verso tutte quelle risorse che siano espressione di unicità, diversità, storicità dei luoghi (vedi Rapporto annuale 2007). E anche la domanda, come dimostrano ormai numerosi studi, si è orientata alla sostenibilità turistica: la qualità delle destinazioni, la salvaguardia o la ricostruzione degli ambienti naturali sono diventate una leva di competitività di molti sistemi territoriali di offerta turistica.
Il Comune di San Lorenzo è attardato dunque, oppure forse, in piena coscienza, non vuole incentivare nuovi patti sociali, forme di creazione e distribuzione della ricchezza che non siano legate alla sola crescita dell’urbanizzato. Nell’un caso e nell’altro ha raccolto quel che ha meritato: il parere contrario della Soprintendenza, l’attuale sospensione del cantiere in attesa della Valutazione di incidenza di lavori che ricadono su una Zona Speciale di Conservazione della Rete Natura 2000, le critiche argomentate di chi, come l’architetto Sebastiano Maria Venoso, può consentirsi su certe materie di non parlare a casaccio e l’impossibilità di indicare serie ragioni che giustifichino un ettaro di asfalto impermeabile in un’area, più che protetta, blindata da un articolato e sensato sistema normativo.
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