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«La Regione investa in lavoro stabile»

di Vincenzo Caserta*

Pubblicato il: 28/04/2020 – 12:31
«La Regione investa in lavoro stabile»

Venerdì prossimo si festeggia San Giuseppe Lavoratore, giornata più diffusamente conosciuta come la Festa del Lavoro.
Esattamente il lavoro di cui si è sempre parlato e ben incardinato come principio ineludibile nella nostra Carta Costituzionale, tanto discusso negli anni, tanto combattuto, tanto ricercato, tanto inventato, tanto promosso, tanto perso, tanto difeso, tanto riacceso tanto indispensabile nella vita degli uomini o donne dei nostri tempi.
Giorni fa in una delle “riflessioni pandemiche” mi veniva in mente come il lavoro possa essere rilanciato in questa fase dura della nostra esistenza. In particolare ricorreva nella mia mente quante soluzioni tale problema ha visto proporsi nel corso degli ultimi decenni, tutte protese a ricercare quella più praticabile e a sostegno in misura particolare dei giovani disoccupati e degli inoccupati, ma tutte non andate a buon fine.
I dati Eurostat dimostrano la continua ascesa dei valori negativi relativi alla disoccupazione ed inoccupazione sul nostro territorio.
Le percentuali degli interessati a tale problematica ormai hanno raggiunto numeri molto alti e riuscire a governarli diventa operazione difficile e non facilmente risolvibile per chiunque.
La sfida sociale che ci accingiamo a percorrere è proprio questa. Perché non riuscire a mettere in campo qualche impegno di programma, anche parziale! Nessuno ha una soluzione unitaria e collettivamente condivisibile su questa filiera ma spendersi a cercarne qualcuna significa quantomeno arginare le percentuali ancora e più che mai in forte ascesa.
Partiamo dal principio condiviso che il lavoro pubblico è sempre quello più sicuro e garantito di ogni altro.
Gli accessi al lavoro pubblico sono strutturati secondo il sistema concorsuale, in molte occasioni in questa nostra Regione trascurato o poco considerato a vantaggio, invece, del lavoro precario con tutte le forme conflittuali che esso determina in termini di aspettative per gli interessati e in termini di garanzie di sicurezza e stabilità per le amministrazioni.
Chi in questi anni ha prodotto maggiore forza lavoro, per la verità poi sostenuta da un quadro legislativo nazionale e regionale di supporto, è la Regione Calabria facendo leva anche sul suo bilancio per sforzarsi a definire alcune sacche di lavoro precario ancora non definitivamente ad oggi stabilizzate. Se si pensa agli Lsu ed Lpu, al personale della Legge regionale 1/2014 e a tutte le categorie in essa comprese (ll.rr. 28,15 ecc.) si ha un quadro di circa 10mila soggetti interessati ancora in corsa verso una stabilizzazione definitiva e un rapporto di lavoro più stabile.
Cosa bisogna fare in questo?
Bisogna creare un sistema legislativo di rinforzo che consenta una reale stabilizzazione in direzione di tutte le strutture pubbliche del territorio. Tutte le amministrazioni pubbliche Regione, Comuni, Provincie, Aziende o enti strumentali del territorio regionale, devono essere protese a questo. L’opportunità, oltre a una programmazione legata al fabbisogno di ogni amministrazione pubblica, si lega perfettamente con le norme previste nella Quota Cento che determinano ormai da quasi un anno opportunità di postazioni lavorative disponibili. Lo stesso personale che in questi anni (per alcuni si superano i 20/25 di impegno professionale) ha acquisito capacità e competenze sul campo. Le amministrazione si impegnino lavorare in tale direzione nonostante tutti i limiti legati alle norme di assunzione ed ai blocchi di turn-over che devono essere superate. Sarebbe una operazione spregiudicata ma sicuramente utile a chiudere una partita ed una filiera che non si chiuderà mai se non si assume una decisione radicale e definitiva anche se deve essere spalmata nel tempo di tre o sei anni. Richiamo alla memoria la vecchia 285/1977 che ha visto la chiamata nel Pubblico di diverse unità lavorative alcune già dentro con forme collaborative a termine altre chiamate direttamente secondo dei criteri per quel tempo corretti.
Nella sola Amministrazione Regionale si prevede una presunta uscita dal sistema pubblico pari a 200 unità complessive fino al 2021. Nulla osta alla Pubblica Amministrazione pertanto investire in stabilità credo senza particolare e aggiuntivi costi ma comunque sicuramente con procedure di finanza sostenibili.
Naturalmente da tale opportunità sono escluse le forze lavoro giovanili i giovani disoccupati per intenderci che devono trovare spazio sia nelle concorsualità pubblica, sempre aperta, sia da un piano del lavoro finalizzato alla ricerca di opportunità a loro legate ma più aperte a soluzioni mobili non statiche e non tutte protese alla esclusività ed alla sicurezza del posto fisso.
La cultura del lavoro delle giovani generazioni deve aprirsi e non considerare come unica opportunità il pubblico ma deve riconsiderare una mobilità e una flessibilità del concetto stesso di lavoro dove il giovane aspirante si adatti a qualsiasi offerta e anche ad una forma di alternanza pubblico-privato in grado di garantire all’aspirante una crescita manageriale in termini di saperi e saper fare di qualità.
Di pari, deve essere offerta dal sistema lavoro un ventaglio di opportunità variegate e lo stesso mercato deve integrarsi meglio al match tra domanda ed offerta. Il sistema economico-produttivo regionale può sostenere operazioni di questa natura aiutandolo ad un abbattimento dei costi del personale con sostegni già sperimentati, utili ma da rafforzare nelle disponibilità.
La formazione Professionale deve porsi in una logica duale (cosa mai fatta nel nostro paese) ove l’alternanza e la capacità di acquisire competenze di saper fare già nella fase istruttiva sia elemento di forza per i giovani per fare acquisire capacità reali e spendibili che facilitino l’ingresso nei contesti lavorativi.
Con questi due sistemi di politica attiva da far partire bisogna pensare pertanto ad un Piano del lavoro che sia realmente determinato ed operativo nei contenuti.
Tale procedura può portare alla definizione di opportunità lavorative sia nel Pubblico che nel privato evitando negli anni a venire di implementare i disoccupati e gli assistiti da politiche passive del lavoro che sono già sature di numeri. Fino al 2014 erano circa 30mila i beneficiari di ammortizzatori per i quali necessitavano risorse finanziarie che per sostenerli corrispondevano all’intera risorsa finanziaria che il Ministero del Lavoro prevedeva per l’intero territorio Nazionale ben 226 milioni di Euro per la sola nostra Regione.
A questo si è posto parzialmente fine ma, senza azioni incisive e di sostegno. Molti soggetti allora sostenuti hanno cambiato casacca ma il problema non si è risolto.
Attenzione cosi a non implementare ancora di più questo mercato non produttivo ne per la persona ne per i territori.
Piuttosto costruiamo in un anno sabatico elaborando tutti gli strumenti utili a voler rispondere ancor prima che si creino ulteriori sacche di lavoratori inerti nel mercato del lavoro utilizzando le risorse comunitarie del por 14/20 e quelle della esennalità successiva por 20/26 per mettere in pista tutte le opportunità che l’Unione Europea ci offre facendo leva su un programma ponte tra vecchia e nuova programmazione dove buona parte delle risorse siano destinate a sostenere un programma di opportunità innovativo e serio.
Solo cosi con una programmazione analitica si riesce a venir fuori almeno per alcune categorie di soggetti del mercato del lavoro regionale fissando dei paletti che servano sia al pubblico che al privato per incanalare percorsi e buone prassi di risultato.
Per dirla con una frase del Beato don Tonino Bello nella visita – chiacchierata da Lui fatta a San Giuseppe mentre lavorava con gli arnesi del falegname…. “ una carezza di Dio “ .

*già dirigente generale reggente
del Dipartimento Lavoro, Formazione e Politiche Sociali
della Regione Calabria

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