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«Gianluca Callipo corrotto con promesse di assunzioni e di acquisti per oltre 600mila euro»

Il patto tra l’ex sindaco di Pizzo e l’imprenditore Renda alla base delle accuse della Procura di Vibo. Vittima dell’accordo un altro imprenditore. Il ruolo degli uffici comunali

Pubblicato il: 29/04/2020 – 17:50
«Gianluca Callipo corrotto con promesse di assunzioni e di acquisti per oltre 600mila euro»

di Alessia Truzzolillo
VIBO VALENTIA
Acquisto di merce, assunzione di parenti, la promessa di assumere altre persone segnalate. L’accusa contestata a l’ex sindaco di Pizzo Calabro, Gianluca Callipo, e all’imprenditore Vincenzo Renda è quella di corruzione. Renda, il corruttore, avrebbe acquistato dall’azienda Callipo srl, della quale l’ex primo cittadino è socio, merce per un valore di 618.677,91 euro. Non solo. Renda, è stato cristallizzato nel capo di imputazione del procedimento denominato “Spiaggia libera”, ha assunto al Galia Luxury Hotel, struttura riconducibile alla Genco Carmela & Figli s.r.l società della quale l’indagato è legale rappresentante, la cognata di Gianluca Callipo promettendo inoltre di assumere altre persone indicate dall’ex sindaco in altre strutture turistiche.
Questa la moneta di scambio – secondo l’accusa formulata dalla Procura di Vibo Valentia, guidata dal procuratore Camillo Falvo – affinché il sindaco derogasse ai propri doveri, condizionando persino l’operato dei dirigenti del Comune di Pizzo – Nicola Domenico Donato, dirigente tecnico dell’Area, e Nicola Salvatore Vasta, responsabile del servizio Urbanistica, e Demanio Marittimo (accusati di abuso d’ufficio) – «nella gestione delle pratiche, tese a far ottenere al corruttore il godimento, anche in mancanza di titoli abilitativi, di una porzione di arenile» unica area fronte mare rispetto al Luxury Hotel. Ma la licenza demaniale di questa area era stata già concessa ad un altro imprenditore. Macchiandosi, secondo l’accusa, del reato di tentata concussione, Callipo «abusando della sua qualità ovvero dei suoi poteri» avrebbe fatto di tutto pur di impedire alla persona offesa «di poter utilizzare proficuamente l’area demaniale»: «chiedendo alla persona offesa di spostare la concessione in altra area; omettendo di rispondere alle varie istanze presentate nel corso degli anni dalla persona offesa; inviando i vigili urbani, senza alcuna ordinanza, a bloccare i lavori di posizionamento dei pali di delimitazione dell’area oggetto di concessione; paventando provvedimenti di revoca della concessione demaniale ovvero e comunque atti che avrebbero di fatto impedito il godimento della concessione, poneva in essere atti idonei diretti in modo non equivoco a costringere l’imprenditore a spostare la concessione su altra area o, comunque, a rinunciare al godimento della stessa». Un tentativo non riuscito grazie alle resistenza posta dall’imprenditore. (a.truzzolillo@corrierecal.it)

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