di Pablo Petrasso
CATANZARO La sfida tra le Regioni e il governo è partita nel pomeriggio di mercoledì, con una nota congiunta dei governatori di centrodestra risoluti a chiedere più poteri e libertà di manovra al governo Conte. Un braccio di ferro che si inserisce nello scontro nazionale tra i colonnelli del centrodestra e l’esecutivo giallorosa. Tra un Salvini che ondeggia tra chiusure (totali) e ripartenze (altrettanto totali) e una squadra di ministri molto più cauta. Nei giorni scorsi era stato un susseguirsi di ordinanze e distinguo. In Sardegna, ad esempio, si potrà andare in vacanza solo con il passaporto sanitario. In Veneto è permesso lo spostamento individuale su tutto il territorio regionale per andare nelle seconde case di proprietà o raggiungere le imbarcazioni ormeggiate al di fuori del Comune di residenza. Stessa situazione per le seconde case anche in Liguria, dove peraltro il take away del cibo è già stato autorizzato in anticipo rispetto al decreto nazionale. Così come in Friuli-Venezia Giulia dove sono consentite le attività motorie anche oltre i 500 metri dal proprio domicilio.
Si è accodata anche la Calabria, con l’ordinanza serale che allarga a una serie di (ri)aperture più ampie di quelle finora disposte dal governo. Due i presupposti. Il primo: «l’analisi della situazione epidemiologica regionale dimostra che le limitazioni adottate con le Ordinanze richiamate nel presente provvedimento, si sono dimostrate efficaci e appare necessario non disperdere il risultato delle azioni fino ad oggi poste in essere». Il secondo, riferito a un dato quantitativo: «l’analisi dei dati prodotta dal Settore n. 9 del Dipartimento Tutela della Salute e Politiche Sanitarie ha fatto rilevare, alla data del 27 aprile 2020, un valore del Rapporto di replicazione (Rt) con daily time lag a 5 giorni, pari a 0,63; in generale, valori inferiori ad 1 indicano che la diffusione dell’infezione procede verso la regressione». Insomma, il Coronavirus non è più lo spauracchio che pareva fino a qualche giorno fa, quando la presidente della giunta regionale Santelli si era detta contraria a qualsiasi forma di apertura dei confini calabresi, chiudendo al rientro dei corregionali al Nord e additando il trasferimento di 50 migranti dalla Sicilia come una potenziale bomba epidemiologica.
Cambia tutto nel giro di un pomeriggio, mentre l’opposizione nazionale torna alla carica e i governatori si vedono e portano avanti (soprattutto) le insegne del centrodestra leghista, che vuole la crisi con il governo ed è pronto a premere sull’acceleratore della fase 2 nonostante i dati su morti e contagi non siano tranquillizzanti.
Si annunciano giorni (e confronti) caldi sul tema delle ordinanze. Il ministro degli Affari regionali Boccia, che – rivela l’Adnkronos – pensa a una diffida per bloccare l’ordinanza della Regione Calabria – lo ha spiegato in videoconferenza ai governatori: «Propongo un metodo: ordinanze regionali coerenti con il Dpcm. Se ci sono ordinanze non coerenti invio una diffida, una lettera con la scheda indicando le parti incoerenti e la richiesta di rimuoverle (solo in caso di allentamento delle misure). Se non avviene sarò costretto a ricorrere all’impugnativa al Tar o alla Consulta». Insomma, si ipotizza anche il ricorso alla Corte costituzionale. La prima risposta alle linee guida ministeriali è arrivata proprio dalla Calabria e dalle sue riaperture, rispetto alle quali va testata l’effettiva preparazione degli esercizi commerciali ad applicare norme che (nella migliore delle ipotesi) si pensava di mettere in pratica da metà maggio. Ci si affida al «buon senso nel gestire i nuovi spazi di apertura» mentre l’opposizione parla di scelta «irresponsabile» e alcuni sindaci (per lo più di centrosinistra) manifestano l’intenzione di non aderire al new deal della giunta Santelli sulla Fase 2. Intanto lo scontro politico a Roma continua. Le prossime mosse della Regione dipendono anche da come andrà. (p.petrasso@corrierecal.it)
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