Il problema non è riaprire. Ma riaprire in sicurezza. Perché chi governa ha il dovere di tenere insieme gli interessi e i bisogni della propria #comunità. Soprattutto con una pandemia in corso, provocata da un virus silente, subdolo ed infido come il Covid19. Riaprire in sicurezza vuol dire, ad esempio, accompagnare le parti sociali a definire protocolli comuni e settoriali per garantire sicurezza nei luoghi di lavoro, perché quanto più è alta la protezione di chi lavora, tanto più elevata è la sicurezza dei clienti. Riaprire in sicurezza vuol dire, ancora, attrezzare una rete di laboratori in grado di effettuare il massimo possibile dei tamponi, senza doverli inviare, per saperne poi l’esito, in un’altra regione. Riaprire in sicurezza vuol dire aiutare e sostenere lo sforzo economico che deve sopportare chi è chiamato a sanificare gli ambienti di lavoro e ad assicurare strumenti individuali di protezione, a rivedere il ciclo e i volumi della produzione. Riaprire in sicurezza vuol dire, insomma, tante cose. Perché non è sufficiente premere un pulsante per far ritornare a posto le cose. Per questo la ripartenza deve essere pensata con cura, programmata con attenzione, governata insieme ai #sindaci ed ai rappresentanti delle #categorie economiche e professionali, monitorata dal punto di vista sanitario e coerente con un percorso definito a livello nazionale. Per questo non abbiamo bisogno di decisioni estemporanee, ma di chiarezza nelle scelte e di coerenza nelle posizioni assunte. Perché il potere può molto, ma per fortuna non può tutto. E soprattutto non può permettersi di mettere a repentaglio le conquiste dai calabresi, sudate e faticate da tutti i cittadini calabresi, in questi mesi di lockdown soltanto per una scellerata decisione delle segreterie nazionali dei partiti di centrodestra di acquisire visibilità politica e di guadagnare qualche punto in quei sondaggi che li danno in calo ormai in modo costante. Prima la Calabria non può essere solo uno slogan elettorale.
*Deputato Partito Democratico
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