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Coronavirus, Laratta ai giovani calabresi all'estero: «Presto tornerete a casa»

L’ex parlamentare ha organizzato una diretta facebook con diversi studenti e lavoratori che vivono fuori dalla regione: «Attendete qualche altro giorno, forse ora il peggio è passato»

Pubblicato il: 01/05/2020 – 17:44
Coronavirus, Laratta ai giovani calabresi all'estero: «Presto tornerete a casa»

COSENZA I calabresi nel mondo fortemente provati dalla diffusione del coronavirus. La pandemia che ha turbato tutti, soprattutto i nostri ragazzi all’estero, che mentre vedevano il governo italiano agire con determinazione e durezza, nel contempo assistevano all’iniziale indifferenza dei paesi ospitanti, soprattutto dei governi. I ragazzi vivevano praticamente in dirette il dramma italiano, le centinaia di morti al giorno, gli ospedali scoppiati. Per fortuna vedevano la Calabria meno colpita, ma la paura per i loro cari era tantissima. In una videoconferenza organizzata da Franco Laratta in diretta facebook in occasione del 1 Maggio, i ragazzi calabresi si sono incontrati e hanno discusso, seguiti da migliaia di persone live-Facebook. Si tratta di ragazzi che vivono e lavorano in Olanda, in Australia, in Inghilterra, che hanno così raccontato la loro esperienza, a tratti drammatica.
Alessia De Siena, ha lasciato gli studi universitari in Calabria per dedicarsi alla sua passione: la cucina. Si è qualificata cuoco professionista presso l’accademia italiana di cucina di Empoli, per poi riuscire ad entrare nella più prestigiosa scuola di cucina italiana al mondo, l’Alma, l’accademia di Gualtiero Marchesi, ottenendo ottimi risultati (miglior tesi). Così inizia un percorso lavorativo in giro per l’Italia e successivamente a Londra.Alcuni anni a Londra come cuoca, fino a quando a marzo la pandemia non è esplosa anche in Inghilterra: «A Londra si è parlato molto in ritardo della pandemia. Le persone erano indifferenti, noi italiani eravamo invece molto allarmati. Il governo non aveva una linea chiara. Così le aziende si sono regolate ognuno come poteva. Io sono stata subito licenziata, nel giro di 48 ore, così con una mia amica di Catanzaro abbiamo deciso di andare via subito. E’ stato scioccante. Tutto è stato destabilizzante. Il viaggio da Londra a Roma e poi a Lamezia è stato molto brutto, abbiamo passato la notte in un aeroporto londinese, pienissimo di gente, ma non c’era alcun controllo, tutti scappavano via come potevano. E’ stato terribile vedere anche il personale senza mascherine o guanti. Noi ci siamo sentiti cacciati, senza alcuna tutela ci siamo imbarcati, era tutto allo sbando». Alessia ora è a Catanzaro, con una associazione di volontariato fatta da cuochi hanno dato vita al progetto “Jamu – Nessuno indietro”, e con l’aiuto di alcuni commercianti, servono 150 pasti completi per due giorni la settimana. Un gesto bellissimo di solidarietà per i più indigenti. “No, non tornerò più a Londra” dice Alessia, ancora piuttosto provata per quanto ha vissuto in Inghilterra in quelle ore drammatiche.
Dario Straface, ha lavorato e vissuto Inghilterra, per poi spostarsi in altri paesi. Ha lavorato presso molte strutture ricettive. Da 2 anni e mezzo che vive in Oceania.
Ci racconta come l’Australia abbia vissuto con meno angoscia il dramma del coronavirus: «Qui è stato tutto diverso, abbiamo vissuto molto meno il dramma. Vedevamo però le brutte notizie dall’Europa. Gli australiani all’inizio erano un po’ preoccupati perché non ricevevano indicazioni, poi però il governo ha varato le misure opportune per frenare la diffusione del virus. Certo, le temperature alte non hanno agevolato la diffusione del virus. Il problema sarà forse ora, che si avvicina l’inverno e le misure sono state allentate. Noi stiamo bene, abbiamo possibilità di muoverci, mi sento fortunato, ma il mio pensiero va alla mia famiglia e ai miei amici in Calabria. Le notizie che ci sono arrivate creavano in noi un forte stato di ansia. Noi qui siamo a 24 ore di aereo e non si vola più per l’Italia. Ma il presidente australiano ha detto alcune cose gravi, invitandoci ad andarcene. Ma come poteva un milione quattrocentomila italiani rientrare così, nel panico, mentre gli aeroporto chiudevano uno dopo l’altro. Ma com’era possibile? Poi per fortuna è finita bene, e noi siamo sempre qui!».
Andrea Scarcelli, ad Amsterdam da 3 anni, attualmente responsabile vendite per Spagna, Portogallo e Turchia per un’azienda di nome Nichia (produttore di LED giapponese). Ha fatto la triennale a Roma (all’Università di Tor Vergata) e la magistrale a Torino (al Politecnico), entrambe in Ingegneria Gestionale. Con i progetti erasmus/exchange è stato ad Istanbul e in Cile per 6 mesi. Ora è in Olanda, dove vive e lavora: «Il governo olandese ci ha messo un po’ per adottare le giuste misure, però poi a metà marzo ha chiuso tutti i locali pubblici. Comunque avevamo la libertà di uscire e di andare al parco, rispettando le distanze. Lavoriamo da casa, non si viaggia, il bel tempo ha impedito al virus di diffondersi. Vedevamo le immagini terribili dall’Italia, noi ci siamo ovviamente spaventati, ma la gente qui non ha dimostrato di avere paura. La gente qui è più rilassata, non ci sono le misure molto restrittive come in Italia. Per me comunque rimane un sogno poter tornare un giorno in Calabria, anche se oggi non vedo le giuste opportunità. Per una persona come me la possibilità di rientrare ed investire in Calabria c’è tutta. Spero di farcela con una mia impresa. Magari più in là nel tempo».
Franco Laratta, giornalista ed ex parlamentare, che sin dall’inizio della pandemia anima una seguitissima videoconferenza quotidiana live Facebook, ha concluso dicendo che i tanti ragazzi che si trovano in giro per il mondo, stanno vivendo nei paesi ospitanti con molta maturità queste settimane drammatiche: «Noi vi sentiamo vicini, sappiamo quanto deve essere angosciante vivere a migliaia di chilometri di distanza e vedere tutto quello che di tragico qui accade, senza che voi possiate fare qualcosa. Ragazzi, forse il peggio sta passando, l’Italia si è distinta per la sua determinazione nell’assumere misure drastiche, che hanno sconvolto la vita di tutti noi. Ma ora, se non facciamo sciocchezze come stava per accadere in Calabria, fra qualche settimana potremo tornare a respirare la libertà».

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