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«Un freno al conflitto istituzionale e la sanità centralizzata»

di Francesco Pitaro*

Pubblicato il: 01/05/2020 – 12:24
«Un freno al conflitto istituzionale e la sanità centralizzata»

Il primo maggio quest’anno impatta sul lavoro perduto e, ancora una volta, è il Presidente della Repubblica a dire parole di verità: “Non ci può essere Repubblica senza lavoro”. Ma pure parole su cui le classi dirigenti debbono meditare: “E’ anche l’occasione per riformare nodi storici: precarietà, lavoro nero,disoccupazione al Sud”. Parole da cui si evince che sarebbe sbagliato ritenere che la ripartenza significhi ripristinare lo status quo ante Covid-19. Invece, è necessario ridiscutere il modello di sviluppo che fin qui ha prodotto un divario Nord-Sud inaccettabile e una congestione produttiva nelle aree forti a fronte della desertificazione sociale di gran parte del Mezzogiorno. L’altro tema segnalato dal Presidente è la leale collaborazione che deve esserci fra le Istituzioni in questa complessa transizione: “responsabilità e necessaria prudenza da parte di tutti”. La ripartenza sì ma in sicurezza. Lo consiglia anche il semplice buon senso. Oggi, però, il sospetto è che, invece di assumere decisioni lineari e fondate su pareri scientifici, la lotta al virus nella ‘fase 2’ stia diventando la continuazione della polemica politica a colpi di ordinanze che aprono e chiudono i territori e le attività della vita sociale come si trattasse del basculante di un garage e non di aperture e chiusure che incidono direttamente sulla vita delle persone. Il conflitto fra il sistema delle autonomie e lo Stato non può essere uno scontro da Far West che lascia interdetti i cittadini. Credo che occorrerebbe abbassare i toni e considerare il nuovo sconfortante scenario sociale che abbiamo sotto gli occhi con il massimo di responsabilità, “se non vogliamo vanificare i sacrifici fatti sin qui per conquistare condizioni di crescente serenità”.
Anche perché se allo sconquasso economico provocato dal Covid-19 – nei primi sei mesi dell’anno il prodotto interno lordo (Pil) ha subito una riduzione di 15 punti, allo Stato a fine anno mancheranno 26 miliardi di gettito fiscale e il Rapporto Oxfam prevede per l’Italia 10 milioni di nuovi poveri – si aggiunge, come sta accadendo, un lacerante conflitto di competenze fra Stato, Regioni e Comuni, difficilmente si potrà avere la lucidità necessaria per elaborare buone politiche per riorganizzare la ripartenza, iniziando a dare liquidità alle imprese e sostegno alle famiglie in difficoltà ed a tutti coloro che, dall’inizio della pandemia, non percepiscono alcuna forma di reddito. Va da sé che la fase in cui siamo, in assenza del vaccino senza cui la guardia non va abbassata, esige che si agisca nella duplice direzione di continuare, da un lato, a garantire l’integrità fisica delle persone e dall’altro a rimettere in moto il sistema produttivo e le relazioni sociali. In ogni modo, a parte la molteplicità di questioni che la spirale infettiva ha generato e su cui occorrerà riflettere, a incominciare dall’impatto che ha avuto sull’intelaiatura costituzionale del Paese e sul suo assetto politico-istituzionale come ha di recente osservato la stessa Presidente della Corte Costituzionale, credo sia scontata la necessità di rivedere, anche alla luce degli innumerevoli editti, ordini e proclami emessi dalle varie Istituzioni in nome dell’emergenza, le relazioni fra i soggetti di cui all’articolo 114 della Costituzione. Sulla sanità non dovrebbero esserci dubbi: 20 sistemi sanitari dividono – come scrive Michele Ainis su la Repubblica – i figli dai figliastri e pertanto sono intollerabili perché, non garantendo a tutti lo stesso diritto alla salute, violano la Costituzione. Non serve più autonomia per le Regioni o più poteri nella visione di un regionalismo asimmetrico che acuirebbe i disagi del Mezzogiorno, come reclamano quelle del Nord, ma più Stato e una sanità centralizzata e funzionante allo stesso modo da Nord a Sud. E’ necessario, dunque, rivedere la riforma del Titolo V della Carta costituzionale del 2001, per assicurare all’Italia una rigida separazione dei poteri statali e regionali che impedisca i pasticci e la stucchevole litigiosità a cui stiamo assistendo dall’insorgere della pandemia”.
*consigliere regionale Calabria

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