Non era difficile apprezzare Paolo Pollichieni per la capacità di andare, con i suoi articoli, al cuore dei problemi, senza se e senza ma, e colpiva ancor di più la sua ironia sferzante ed acuta. Lo conoscevo da tanto tempo ma negli ultimi anni la nostra frequentazione si era intensificata: si interessava al patrimonio culturale calabrese e alla sua valorizzazione, convinto che una maggiore consapevolezza della propria storia e delle proprie origini potesse contribuire alla crescita dei Calabresi e potesse diventare per la sua terra, che tanto amava, uno strumento di liberazione dalla politica corrotta e dal malaffare. Ragionavamo spesso sull’orgoglio di appartenenza e sul valore di una identità collettiva che vedeva, nel loro insieme, come una forza enucleativa da cui trarre riferimenti comuni capaci di indicare obiettivi condivisi. Un Paolo Pollichieni inedito, sconosciuto al grande pubblico che lo ha sempre apprezzato per il suo rigore, per le sue inchieste coraggiose e nel rispetto dei fatti. Usava l’ironia con abilità, la considerava una sua alleata, quasi divertendosi a porgere gli elementi da lui individuati e assegnando al lettore il compito di trarre le conclusioni.
Nell’ultima sua estate, quando già la sua salute era compromessa, veniva spesso a trovarmi e le nostre interminabili partite a burraco in giardino sembravano sollecitare i suoi ricordi nei quali esprimeva quella particolare saggezza tutta calabrese.
Per la sua terra d’origine, la Locride, aveva un amore speciale e avrebbe voluto vederla emergere dal grigiore in cui riteneva che l’avessero relegata le consorterie mafiose, una politica miope e una classe dirigente e borghese non sempre all’altezza della propria storia. Credeva nella possibilità di riscatto e di cambiamento e per questo stava a fianco di chi, con ruoli istituzionali e non, si impegnava in quella direzione. Un amico ed un supporto nelle battaglie quotidiane per fare emergere quanto di bello e sconosciuto c’è in Calabria e non dimenticherò il sostegno giornalistico alle iniziative del Fai.
Ci manchi, caro Paolo, ci manca il tuo modo di fare informazione, improntato al rispetto del lettore ed è di conforto apprezzare, ancora di più oggi, la tua capacità di trasmettere ai giovani i segreti del mestiere, per garantire il passaggio generazionale. Hai accuratamente evitato che la tua vita fosse facile, un tratto comune a chi resta in questa terra perché la ama.
*Presidente FAI-Fondo per l’Ambiente Italiano della Regione Calabria
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