Un anno fa ci ha lasciato il migliore di noi. Paolo Pollichieni ha abbandonato il campo, dopo aver combattuto con tutte le sue forze, per vincere la prova più difficile, quella che non dipendeva più dalla sua volontà, dalla sua tenacia, dalla sua illimitata intelligenza.
Paolo ha lasciato un vuoto enorme, forse incolmabile. Prima di tutto nella sua famiglia, la cara Giovanna, i bravissimi figlioli Pietro e Luciano, lo stimato fratello Pietro. Ma anche nella grande famiglia dei suoi amici e collaboratori, che con lui hanno condiviso mille idee, tanti obiettivi, arditi progetti, coraggiose campagne per affermare concreti principi di giustizia e libertà.
Paolo Pollichieni è stato un Uomo e un Giornalista unico. Un amico di totale affidabilità, che non faceva mai mancare il suo affetto e la sua vicinanza e che riusciva a superare anche i momenti immancabili di contrasto con una battuta geniale e un largo sorriso del suo volto, che d’improvviso si illuminava e irradiava fiducia e autorevolezza. La generosità spontanea e il totale disinteresse verso il calcolo delle utilità e del tornaconto personale facevano di Paolo il compagno ideale per le imprese più difficili, anche a rischio di rimanere da soli, con le proprie idee e le cose in cui credeva. Ma mai con il paraocchi della morale perbenista, l’opportunismo meschino, l’invidia paesana, la gelosia ipocrita dei perdenti. Ha vissuto con spirito autenticamente laico tutte le vicende della sua vita, fatta di grandi soddisfazioni in compagnia del successo, ma anche di profonde ferite segnate dalla cattiveria e dalla ottusità della gente. Ma non ha mai nascosto dentro di se il pugnale della vendetta o il veleno del rancore. Le sue battaglie, grandi e piccole le ha sempre portate avanti a viso aperto, mettendo la firma sotto ogni pensiero espresso con linearità e senza contorsioni farisee. Ma con lo stesso coraggio era pronto a ridiscutere ogni aspetto dei suoi ragionamenti e delle sue battaglie, su cui sovrastava senza tentennamenti la cultura del dubbio, la Bibbia dei Grandi. Paolo non ha mai confuso il piano politico con quello personale, pronto a sacrificare anche un’intera campagna giornalistica quando si profilava il rischio o il semplice dubbio che questo potesse calpestare arbitrariamente la dignità delle persone.
Paolo Pollichieni è stato il migliore giornalista calabrese, e forse non solo, degli ultimi vent’anni. Le sue inchieste, la sua scrittura lucida, incalzante, avvolgente, ricca di richiami letterari, ma anche di vita vissuta, a suo modo raffinata, elegante, colta, profonda, avvertita dei dettagli, sensibile alle sfumature, ironica e pungente. Ogni articolo era un racconto, una storia in cui si disegnavano personaggi, ma anche si ricostruivano paesaggi umani e ambientali, si dipanavano vicende, si dipingevano caratteri, si districavano riferimenti, situazioni, collegamenti incogniti e impensabili. Di una Calabria amata fino allo spasimo, odiata come si odia l’amante tradita. La Calabria di Paolo Pollichieni è una Calabria viva e palpitante, conosciuta e vissuta in tutti gli anfratti nascosti dei suoi territori e delle sue lancinanti contraddizioni, in cui sono sempre gli uomini a sporcarne l’abito verginale della sua violata bellezza.
Paolo ha vissuto con gli strumenti del suo pensiero e della sua profonda sensibilità e umanità una delicatissima ed elevata dimensione religiosa, “la religione del suo tempo” come avrebbe detto Pier Paolo Pasolini, e che tanta curiosità e affetto ha suscitato in un Pastore attento e generoso come Mons. Vincenzo Bertolone, Presidente della Conferenza Episcopale Calabrese.
Assieme ad altri due grandi professionisti come Aldo Varano e Filippo Veltri abbiamo vissuto con Paolo Pollichieni una delle esperienze umane, culturali e giornalistiche più significative della mia vita, allorquando, quasi per gioco, abbiamo dato vita al periodico “Calabria News” che, con coraggio, ha accompagnato il modo di fare giornalismo in Calabria verso la modernità. In quella lunga ed esaltante esperienza ho avuto modo di apprezzare di Paolo la capacità unica di costruire un pezzo, una storia dal nulla, da una parola, da un semplice tic, da uno sguardo.
Oggi, dopo un anno, è ancora il tempo di piangere l’amico che ci ha lasciato, ma è anche il tempo dell’impegno e del dovere di non abbandonare al vento il suo esempio e il suo insegnamento. E avanti, avanti lungo il percorso da Lui avviato.
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