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«Io e Paolo, due litigiosi»

di Filippo Veltri

Pubblicato il: 06/05/2020 – 14:21
«Io e Paolo, due litigiosi»

È passato già un anno? Non è possibile, così in fretta, così veloce e per ultimo così drammatico. Paolo non c’è più e la mia mente corre a Locri dove lo conobbi quando era alla Gazzetta del Sud. Conosceva mia moglie e mia moglie era ed è amica di sua sorella. Mi si aprì una strada in più ma a Paolo dovevano fare riferimento un po’ tutti quelli che arrivavamo in quella fase e in quel luogo. Ci raccontava e ci faceva sapere, come se vedessimo. Poi mi battei assieme a Franco Scrima per portarlo all’Ansa, dove nel frattempo ero passato io. E lì ci fu una miniera di notizie ma un’agenzia, seppure così prestigiosa come l’Ansa, stava troppo stretta a Paolo. All’inizio devo dire la verità non capii ma col passare del tempo mi resi conto che non era cosa un lavoro che finiva in mano a tutti e non c’era quindi l’eccellenza, la primogenitura, lo scoop.
Paolo è stato questo: un uomo dalle mille risorse, un “uomo contro” è stato detto, anche un litigioso. Come me. Quante volte ci siamo scontrati e poi ritrovati! Sulle cose serie e di sostanza ma anche su fesserie. Ma eravamo assieme, ad esempio, quando mettemmo su una sorta di raccolta dei giornalisti calabresi che non erano affiliati alla massoneria e restammo in 4, forse 5. Non ci siamo mai meravigliati di questo dato ma ce lo siamo ricordati fino all’ultimo, fino all’ultima telefonata. Il senso di cos’è questa terra!
Assieme, ancora, quando a Reggio subì quel drammatico attentato. Assieme quando con Varano e Furriolo fondammo un giornale strano, fuori dal coro, un periodico di politica cultura e cronaca che spezzò il clima di sonnolenza alla fine del secondo millennio. Non avemmo dubbi che doveva dirigerlo lui. E così fu. Ritornammo così a lavorare fianco a fianco per molti mesi. Gli ritrovai la stessa grinta e la stessa passione di quegli anni lontani di Locri, quando eravamo ragazzi e fiduciosi.
Poi come un po’ tutte le cose calabresi non riuscimmo a far vivere quell’esperienza e iniziò l’ultimo decennio e il suo essere graffiante ma puntiglioso; dentro i fatti e le notizie fu nuovamente libero di spaziare. Io credo che l’esperienza del Corriere della Calabria, cartaceo e online poi, sia stato uno dei più veri e produttivi della stagione giornalistica di Paolo. Fece crescere una leva di cronisti che io reputo tra le migliori in Italia anche se confinati ahimè spesso nell’angusto, troppo angusto, panorama calabrese, che resta sempre marginale anche quando non lo meriterebbe affatto.
Ci lasciammo una sera calda di gennaio in un ristorante vicino al suo giornale, a bere e a fumare fino a notte fonda, a parlare praticamente di tutti, a volte ancora a litigare per poi fare la pace, come due bambini, dopo l’ennesima Marlboro.
Paolo ci ha lasciato a metà del guado. Sono curioso di immaginare come avrebbe vissuto innanzitutto e poi narrato della tragedia collettiva che stiamo vivendo. A me resta stampata nella mente – e non so dire il perché, anzi forse sì – un’immagine con lui, Giovanna e i nostri ragazzi a Locri, a passeggiare nel meraviglioso parco archeologico, tra effluvi inebrianti di zagare e gelsomini. Era una primavera di tanti anni fa. Maggio come ora. Ciao Paolo.

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