A me piace ricordare Paolo Pollichieni immaginando le sue reazioni ai temi scottanti. Le sue battaglie condotte con vigore, ricorrendo ad un vocabolario che trasformava le parole in fendenti e in sensazioni confortevoli, a seconda se destinati agli avversari della società e del bene comune ovvero agli oppressi. Sapeva essere il “tiratore scelto” verso chi esercitava prepotenze e indebite supremazie e nel contempo, per chi lo conosceva bene, una sorta di difensore civico facile alla commozione reale.
Sarebbe stato interessante, in un momento di crisi epidemica così com’è quella in atto, leggere Paolo sulle evidenti difficoltà istituzionali, sui buoni comportamenti sociali tenuti dai calabresi e, soprattutto, sui pericoli della ‘ndrangheta ad impadronirsi di tutto. Di come la stessa stia diventando, in questo momento, il più grande «banco di pegno» votato a rendersi, ovunque, padrone dei beni dei bisognosi di oggi. Quelli divenuti tali a seguito del disastro economico combinato dal Covid-19, non solo dalle nostre parti ma in tutto il Paese e oltre. Avrebbe di certo detto la sua sul grido d’allarme proveniente dalla costiera romagnola aggredita nei suoi gioielli alberghieri, passati di mano a centinaia (320) nell’ultimo periodo.
Sono certo, i suoi pezzi e i suoi «rieccomi» avrebbero fatto rumore, tanto da suggerire una maggiore attenzione sul tema alle istituzioni deputate a governare il Paese e il territorio. Avrebbe preteso in Calabria politiche solidali reali e un maggiore pragmatismo negli aiuti alle imprese e alle famiglie, tali da emanciparli dal pericolo del buonismo ipocrita e interessato della ‘ndrangheta a fare propri i loro grandi ma anche i piccoli tesori.
Paolo era una garanzia. Un ruolo che avrebbe certo esercitato con coraggio e onestà intellettuale nella peggiore epoca che stiamo vivendo a causa del coronavirus. Lo è ancora, con tutto quello che ci ha lasciato. Ha generato una iniziativa giornalistica che costituisce un sano riferimento per i giovani e per i calabresi nella loro interezza, tanto da essere letta da tutti i nostri connazionali all’estero. Ha formato una serie di giornalisti coraggiosi, che approfondiscono i problemi e che sfuggono ai richiami delle sirene, cui in tanti invece abboccano. Ha insegnato a tutti noi che, a prescindere da chi detiene lo scettro del potere, occorre rendersi partecipi e traduttori del bisogno collettivo e del futuro dei giovani.
Iddio sa quanto ce ne sia bisogno in questo periodo e in quello che verrà, attese le condizioni di povertà e di depressione collettiva che saremo costretti a vivere di qui a qualche tempo, specie nelle fasce di popolazione più debole.
Grazie Paolo!
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